Immigrazione: la politica Ue è fallita e sei Stati (anche Francia e Germania) ripristinano i controlli alle frontiere
BRUXELLES – Germania, Danimarca e Svezia si ribellano richiamano l’Unione europea alle sue responsabilità in tema d’immigrazione: vogliono prima vedere il rispetto delle regole Ue e l’attuazione delle misure europee per far fronte ai flussi di profughi e migranti. E Bruxelles è invitata a fare pressione su chi si sottrae alle proprie responsabilità. La riunione d’urgenza convocata dal commissario Dimitris Avramopoulos con i rappresentanti dei governi di Berlino, Copenaghen e Stoccolma, non mitiga la crisi che attanaglia Schengen, con sei Paesi che hanno ripristinato i controlli (Austria, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia e Svezia) per far fronte ai flussi migratori da Balcani e Mediterraneo. L’Italia per ora sta a guardare e si tiene tutti i profughi o presunti tali, anche se il piano dei ricollocamenti europeo è fallito. Il ministro Alfano ha infatti dichiarato che non è prevista una sospensione di Schengen, ma sono solo stati accentuati i controlli alla frontiera con la Slovenia, attualmente sotto pressione.
AVRAMOPULOS – Abbiamo «concordato che Schengen deve essere salvaguardato» e che «le misure messe in atto siano mantenute lo stretto necessario, con un ritorno alla normalità il prima possibile», dice Avramopoulos. Ma è lo stesso commissario a dire che per arrivarci occorre un «rallentamento» degli arrivi e la messa in pratica delle soluzioni a 28. In due ore di confronto i tre Paesi nordici hanno chiesto con forza il rispetto delle regole sull’asilo Ue, dal regolamento di Dublino al sistema Eurodac, e la messa in pratica delle misure europee. Tutte cose che per ora non funzionano.
GERMANIA – Il segretario di Stato agli Affari interni tedesco Ole Schroeder è stato il più duro in conferenza stampa. «Il controllo delle frontiere esterne non funziona, in particolare tra Grecia e Turchia. Eurodac non viene applicato. I ricollocamenti non procedono» ha accusato Schroeder. Fino a quando questo non sarà fatto, ha ammonito, gli Stati andranno avanti da soli. Insomma, Bruxelles faccia rispettare le regole. Nel 2015 sono state 1,1 milioni le richieste d’asilo in Germania. Una cifra record che desta forti preoccupazioni nel Paese e che il governo è «determinato a ridurre per il 2016» come indica il ministro dell’Interno Thomas de Maizière. E nonostante Berlino abbia introdotto i controlli ai confini a settembre, la media degli arrivi dei profughi è di «3.200 al giorno e non tende a diminuire» spiega Schroeder.
DANIMARCA – «Non vogliamo diventare la destinazione finale per migliaia e migliaia di migranti» afferma Inger Stojberg, ministro danese all’Immigrazione. Copenaghen a inizio settimana ha ripristinato i controlli alle frontiere come conseguenza della stretta varata da Stoccolma, ed ora non esclude l’introduzione dell’obbligo di controllo dell’identità dei passeggeri per le compagnie di trasporti, così come ha fatto il Paese vicino sul ponte dell’Oresund. «Monitoriamo la situazione. Se necessario – dice Stojberg metteremo in atto la misura, con un breve preavviso».
SVEZIA – La Svezia chiede l’applicazione del «principio di Dublino», e «delle misure per rallentare il flusso su quella che diventata un’autostrada» per i flussi attraverso la Turchia, la Grecia e i Balcani, oltre ad un «rafforzamento delle frontiere esterne». Il ministro all’Immigrazione Morgan Johansson ricorda: «Lo scorso anno abbiamo avuto 160mila richiedenti asilo. Siamo il Paese che per anni ha preso il numero più alto di profughi pro capite». Ne sono arrivati 115mila solo negli ultimi 4 mesi, e 26mila minori non accompagnati, «l’equivalente di mille classi scolastiche». Non possiamo tornare a questo. «Occorre lavorare assieme per salvaguardare le regole».
E’ una situazione molto complicata, dalla quale l’Unione europea non riesce a cavare le gambe, confermando la sua scarsa efficienza anche in questo fondamentale settore. Gli Stati, in questa emergenza, tornano a regolarsi da soli secondo il loro tornaconto.