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Admin Ajax.php?action=kernel&p=image&src=%7B%22file%22%3A%22wp Content%2Fuploads%2F2014%2F12%2FOBAMA AP PHOTO 8

Usa, Barack Obama: l’ultimo discorso sullo stato dell’Unione

Il Presidente Obama
Il Presidente Obama

WASHINGTON – Nel suo settimo e ultimo Discorso sullo stato dell’Unione Barack Obama è uscito dai binari consueti del giro d’orizzonte sui problemi delle varie aree del mondo e dell’elenco delle cose che si propone di realizzare nell’anno che ha davanti: l’ultimo nel quale governerà, nel clima surriscaldato della vigilia elettorale, e ha tracciato prospettive più ampie.

Obama ha esordito così: «L’America non è in declino e non deve reagire alle difficoltà con paure irrazionali, chiudendosi, cercando rifugio nel passato. Stasera vi parlo del futuro verso il quale dobbiamo andare con coraggio e fiducia, come abbiamo fatto sempre nella nostra storia quando abbiamo dovuto affrontare sfide formidabili».

Per il suo ultimo anno di governo Obama promette nuovi sforzi per riformare la giustizia penale, l’immigrazione, aumentare il salario minimo, ridurre la diffusione delle armi da fuoco, chiudere il carcere di Guantanamo e una grande iniziativa nella lotta contro il cancro da affidare al vicepresidente Joe Biden. Ma il suo discorso di commiato si spinge fino a un orizzonte che abbraccia anche il mandato del suo successore. Il Presidente infatti fissa le quattro grandi questioni che l’America è chiamata a risolvere: 1) La riduzione delle diseguaglianze sociali; 2) La gestione del progresso tecnologico che offre benefici a molti ma crea anche molti sconfitti; 3) L’impegno a garantire a sicurezza dell’America; 4) La riforma di un processo politico che negli ultimi anni è andato verso la paralisi.

Ha quindi esaltato un aspetto della politica americana: la collaborazione. Collaborazione politica, per riuscire a lavorare insieme e a far crescere il Paese, collaborazione con gli alleati, per continuare a mantenere la guida del mondo. Poi ha parlato dei grandi temi internazionali: il terrorismo, l’Isis e al Qaida, che a differenza di quanto dicono molti non pone una minaccia diretta “alla nostra esistenza come nazione, anzi questa è la propaganda che usano per reclutare gente”, ha detto. “Non possiamo attaccare una delle più grandi religioni al mondo”, l’Islam, ma “dobbiamo chiamarli per quello che sono: killer, fanatici”. E a tal proposito ha citato Papa Francesco. “Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini e’ il modo migliore per prendere il loro posto”, ha osservato. “Se i politici insultano i musulmani sbagliano, non ci rendono piu’ sicuri” e anzi, ha rincarato, ci sminuiscono “agli occhi del mondo rendendo per noi piu’ difficile raggiungere i nostri obiettivi”.

E infine afferma, con uno scatto d’orgoglio, che il Paese ha l’economia più forte del mondo, un apparato militare che non teme confronti e «quando c’è un grosso problema internazionale da risolvere i popoli del mondo non guardano a Mosca o a Pechino: vengono a chiedere a noi».


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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