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Regione Toscana vende ville e palazzi. Perché no le case popolari ai vecchi assegnatari?

Il golf club Ugolino
Il golf club Ugolino, uno dei primi beni della Regione messo in vendita. Riuscirono a comprarlo i soci

Quasi trent’anni fa, per la prima volta, la Regione Toscana decise di vendere (loro scrivono alienare…) una parte del patrimonio immobiliare ereditato, per lo più, da enti disciolti come le vecchie aziende di soggiorno e turismo. Scrissi la notizia in anteprima, su “La Nazione”: uno scoop! Perché nell’elencone c’era di tutto: da fabbriche dismesse a colonie marine abbandonate; da un albergo a Vallombrosa (poi acquisito dai benedettini vallombrosani), fino a case ben messe sui lungarni fiorentini. Il problema più serio? La decisione di cedere il prestigioso Golf Club dell’Ugolino, sulla via Chiantigiana. Si fece avanti un colosso giapponese pronto a staccare l’assegno. I golfisti, che prima avevano pagato l’affitto all’Azienda di soggiorno di Firenze eppoi alla Regione, erano disperati. Rischiavano di veder cancellato un pezzo di storia da decisi uomini d’affari del Sol Levante. Il presidente del Golf club venne da me, al giornale, con le lacrime agli occhi. Come fare per evitare che quel magnifico impianto sul Poggio dell’Ugolino restasse in mani fiorentine? Gli feci un’accorata intervista. Che spinse la Regione ad evitare che quella vendita diventasse solo un fatto burocratico. Claudio Carosi, assessore al patrimonio, brava persona e ottimo amministratore, capì che doveva essere concesso un diritto di prelazione. I soci del club videro spalancarsi una possibilità: la colsero al volo tassandosi e accendendo mutui. I giapponesi andarono a comprare qualcos’altro.

POLEMICHE – Non mi stupisco delle polemiche di questi giorni, all’annuncio della nuova “alienazione”. Soprattutto non mi meraviglio che Eugenio Giani, presidente del consiglio regionale, si opponga alla vendita di Palazzo Bastogi, un gioiello in via Cavour (con annesso Teatro della Compagnia), che la Regione Toscana decise di comprare dalla Fondiaria che l’aveva scelto anche come sede di comando per Raul Gardini, poco prima che l’uomo d’affari, imprenditore di grande successo, suocero Serafino Ferruzzi, si suicidasse. E’ stata la seconda sede della presidenza della giunta, Palazzo Bastogi: dopo Palazzo Budini Gattai, in Santissima Annunziata, affittato da Lelio Lagorio quando la Regione nacque, all’alba degli anni Settanta. Poi la nuova migrazione della presidenza: a Palazzo Sacrati Strozzi, già Palazzo de’ Bischeri, davanti al Duomo. Palazzo Bastogi è così diventato prestigiosissima sede del Comitato della Comunicazione, Corecom, e del Difensore civico, uffici prima sistemati in locali affittati a carissimo prezzo a carico del bilancio pubblico. Perché vendere Palazzo Bastogi se tanti uffici dovrebbero sottoporsi di nuovo alla gogna degli affitti?

BILANCIO – Palazzo Bastogi può essere preservato dalla vendita. Non sono invece contrario alle altre alienazioni, e allo stesso principio della vendita di pezzi di patrimonio pubblico. Il motivo è molto semplice: la Regione, incamerando centinaia di milioni da beni che non utilizza (tipo vecchi ospedali e alcune ville di prestigio, che magari vengono usati impropriamente come centri d’accoglienza) può evitare di aumentare le tasse. Per esempio l’addizionale Irpef, che potrebbe essere alzata di nuovo con il bilancio preventivo del 2017. Oppure può evitare di rivedere i ticket sanitari, altro balzello odioso per chi è costretto ad andare spesso in farmacia o in un ambulatorio per le analisi.

CASE POPOLARI – Invece non capisco perché, se si vendono ville, ospedali e alberghi, magari cercando multinazionali miliardarie o arabi ancora in cerca d’investimenti nonostante il calo del petrolio, non si possano vendere le case popolari agli inquilini che le abitano da una trentina d’anni e magari hanno speso fior di quattrini per mantenerle in buono stato. Nelle passate legislature, mi sono accapigliato (si fa per dire, avete presente la mia foto…) con un paio di assessori regionali di Rifondazione comunista che ne facevano una questione ideologica. Le case pubbliche si possono affittare ma non vendere. Perché? Come mai si accetta di fare affari con il privato miliardario e non con il cittadino lavoratore, pronto comunque ad accendere un mutuo per far sua la casa dove abita da tanto tempo e nella quale ha visto crescere i figli e magari nascere i nipoti? Non so se la legge che impediva la vendita di alcuni alloggi popolari è sempre in vigore. Se lo fosse, caro governatore Rossi, sia coerente con se stesso: la cancelli. E venda sia le ville che le case popolari. Magari, ripeto, riuscendo a evitare, prossimamente, l’aumento di tasse e balzelli.


Bennucci

Sandro Bennucci

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