Garanzia Giovani: flop del Governo, solo il 3,7% dei ragazzi ha trovato lavoro. Guadagna chi organizza i corsi
ROMA – A quasi due anni dal lancio, il programma Garanzia Giovani, nato per aiutare gli under 30 a trovare un lavoro, si rivela un flop. È quanto emerge da un report dell’Istituto per lo Sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol), ente pubblico di ricerca che dipende dallo stesso ministero del Lavoro. Come dire che un ente controllato sconfessa il lavoro del controllore, ma in Italia accade di frequente. Anche questo progetto pubblicizzato con grandi proclami da Renzi e Poletti si è rivelato un disastro per i giovani: quasi un milione quelli che si sono iscritti, ma solo 32 mila (il 3,7%) hanno trovato un lavoro vero. Dunque ciascun contratto è costato oltre 36 mila euro. Gran parte dei soldi arrivati dall’Europa (1,5 miliardi) si è disperso in sprechi e costi burocratici e di enti organizzatori di corsi e tirocini. Il Ministro del welfare, Giuliano Poletti, prende atto dei dati ma afferma che è presto per giudicare: « fine 2014 i centri avevano preso in carico un giovane su due, ora sono due su tre. Possiamo fare meglio di cosi, ma stiamo cercando di recuperare vent’anni di ritardi nei quali qualcuno ha trasformato i centri in anagrafe per disoccupati.»
Progetto ambizioso, il programma Garanzia Giovani nasce nel maggio 2014 per offrire opportunità di lavoro o formazione a ragazzi tra 15 e 29 anni, disoccupati o «neet» (coloro che non studiano, non lavorano e non si formano). In Italia sono oltre due milioni, circa un giovane su quattro. Da Bruxelles arrivano 1,5 miliardi di euro distribuiti alle Regioni in base al tasso di disoccupati.
Oltre un milione di giovani si sono iscritti al piano, che garantiva una risposta in quattro mesi. Impegno in gran parte non rispettato. Al netto delle cancellazioni (per mancanza di requisiti o perché qualcuno nel frattempo trova lavoro) il totale di iscritti al 18 marzo è di 865 mila. Se ne aggiungono 7/8 mila ogni settimana. Numeri record nel campo delle politiche del lavoro. Gli uffici per l’impiego non riescono a gestirli. Dopo quasi due anni, un iscritto su quattro non ha ancora ricevuto risposta. Alcune regioni fanno ancora peggio. In Lombardia, Campania, Calabria e Molise uno su tre è ancora in attesa. In Piemonte il record negativo: senza risposta il 47% dei partecipanti. La Toscana è una delle regioni più attive e si colloca al quarto posto fra le poche virtuose.
I 642 mila fortunati che hanno ricevuto una chiamata dai servizi per l’impiego risultano semplicemente «presi in carico» dal sistema: significa che effettuano un colloquio. Ma non si può valutare il successo del piano sulla capacità di istituire una pratica. Solo per 227 mila al colloquio ha fatto seguito una «misura concreta». In gran parte si tratta di tirocini. Oltre 52 mila hanno seguito corsi di formazione. I «veri» contratti di lavoro sono stati appena 32 mila. Cinquemila ragazzi sono stati invece indirizzati verso il Servizio civile. Il ministro Poletti, interpellato, preferisce non commentare.
Come mai 139 mila tirocini, oltre quattro volte i contratti? Perché i ragazzi sono pagati meno e le imprese risparmiano due volte: buona parte della retribuzione è infatti coperta dai fondi europei di Garanzia Giovani in versione «Pantalone». La spesa per i tirocini ammonta a 404 milioni di euro. Niente di male, almeno finché non si scorre l’elenco delle offerte sul sito del ministero del Lavoro: commesso, muratore, cameriera, aiuto pizzaiolo, assistente idraulico, badante, barista. La verità è che il tirocinio è spesso lavoro mascherato con orari che a volte superano le 40 ore settimanali, ritardi nei pagamenti e nessun progetto formativo. E così nella bacheca annunci online c’è perfino chi cerca un pescivendolo ambulante «con esperienza».
Dove sono finiti 1,75 miliardi stanziati? Un euro su tre in tirocini. Il resto tra centri per l’impiego e bonus alle imprese. Ma anche in una miriade di corsi, convegni, seminari a profitto di esperti e docenti vari, non certo dei giovani. Infatti, visti i risultati pessimi, queste iniziative si sono rivelate completamente inutili. Nel bilancio del programma ci sono 240 milioni di euro sotto la voce «formazione». Altri 120 sono destinati all’«accompagnamento al lavoro». Circa 75 milioni sono stati stanziati per affiancare i ragazzi che tentano di mettersi in proprio, mentre 61 milioni sono andati in accoglienza e orientamento. Sicuramente una fetta non marginale della torta si è persa nei gangli della burocrazia. Perché i giovani senza lavoro, per tanti, sono un affare, così come gli immigrati, i tossicodipendenti: su questi soggetti c’è chi ci specula e ci guadagna. Le tante inchieste della magistratura, ultima quella di Roma Capitale, hanno fornito indicazioni esemplari.