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Migranti: l’Italia è invasa, ma l’Ue spedisce lettere di rimprovero per le carenze degli hotspot

Italian navy in bid to rescue some 200 migrants off Lampedusa

BRUXELLES – Nessuna deroga, neppure di fronte ai corpi in mare e all’emergenza. L’Europa dà poco, ma pretende sempre di più dal nostro paese. Gli ottusi burocrati europei fanno sentire la loro voce. Dopo la lettera inviata ad aprile dal Commissario Dimitris Avramoupolos al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, nella quale si chiedeva il rispetto dei parametri per l’identificazione dei migranti non escludendo il rafforzo dei controlli al Brennero, adesso è Matthias Ruete, direttore generale del Dipartimento Immigrazione e Affari interni dell’Ue, a rivolgersi al capo della polizia, Franco Gabrielli, appena nominato, e al numero uno del Dipartimento per l’Immigrazione, Mario Morcone, ai quali ha inviato una lettera che suona come un cortese ma fermo rimprovero.

RUETE – Poche parole di apprezzamento per gli sforzi italiani, poi il nodo della questione: «Misure ancora insufficienti». La maggior parte degli sbarchi, secondo l’Ue, avverrebbe fuori dagli hotspot. Ruete chiede l’urgente apertura di nuove strutture, vuole sapere quali siano i tempi, ma soprattutto ribadisce il ritardo nell’istituzione di team mobili, che siano in grado di spostarsi nei porti per identificare i migranti nel rispetto dei parametri dell’Unione. Il documento riguarda anche l’annosa questione dei Cie, i centri di identificazione ed espulsione, destinati ad ospitare chi non abbia diritto all’asilo: troppo pochi posti, contesta l’Europa. La preoccupazione dell’Ue, pronta a finanziare nuove misure, riguarda soprattutto la previsione di un’impennata degli arrivi che, a distanza di pochi giorni, si è già manifestata, e l’insufficienza delle strutture per l’identificazione.

HOTSPOT – Ruete manifesta la sua preoccupazione per il ritardo nell’adozione delle procedure standard non ancora applicate in tutti gli hotspot italiani, il training del personale, dice, è ancora in corso, ma bisogna accelerare i tempi, perché entro luglio, in tutte le strutture le identificazioni dei profughi avvengano secondo i parametri europei. Secondo i dati, in Italia, la metà degli sbarchi avviene ancora fuori dalle strutture previste dall’Ue (hotspot), circostanza che, sottolinea Ruete, dovrebbe verificarsi solo in situazioni di estrema eccezionali ed essere anche giustificata. Per questo punta il dito contro la lentezza nell’istituzione dei cosiddetti hotspot mobili, ossia team di persone adeguatamente preparate, che siano in grado di spostarsi da un porto all’altro in caso di necessità.

Il 31 marzo scorso, era stata l’Italia a rispondere all’Ue definendo la tabella di marcia, in vista del nuovo picco di sbarchi, e individuando Messina, Mineo e Cagliari come possibili luoghi dove aprire nuovi hotspot. Adesso Ruete chiede certezza sui tempi e i modi. Ma boccia la scelta di Cagliari, lontana dal teatro degli sbarchi e dalle strutture operative di Frontex che intevengono nel canale di Sicilia.

CIE – La questione dei Centri di identificazione e accoglienza resta uno dei punti controversi nell’attuazione delle direttive Ue in materia di immigrazione, soprattutto per la legislazione italiana. Per l’Ue dovrebbero essere veri e propri centri di detenzione. Ruete sottolinea che nelle strutture, destinate ai migranti che non hanno titolo per ottenere l’asilo e devono essere rimpatriati, l’Italia è in ritardo. Attualmente i posti disponibili sono meno di 500, una cifra al di sotto degli standard che, per l’Ue, garantirebbero il livello di efficienza e l’attuazione dell’Agenda europea.

EUROPA LONTANA – Angelino Alfano, in piena emergenza sbarchi, sottolinea la distanza dell’Ue: «L’Europa deve prendere atto – dice il ministro dell’Interno – che se non si risolve un negoziato serio con l’Africa per evitare le partenze dai paesi sub-sahariani e se non si fa un negoziato serio con la Libia per dare una mano d’aiuto a noi, questo flusso di migranti non si può ridurre da un giorno all’altro. Noi maneggiamo le conseguenza senza avere potere sulle cause. Tutte le vittime che stiamo raccogliendo in mare sono la prova di quanto ancora l’Europa sia lontana e indietro nel rapporto con i paesi dell’Africa».


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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