Strage di Nizza: l’autore aveva un complice in Italia. Ma è scontro fra Alfano e Roberti (Procuratore nazionale antimafia) sulla diffusione della notizia
ROMA – Esce fuori un particolare inquietante dalla relazione che, sulla strage di Nizza, il Ministro dell’Interno Angelino Alfano ha fatto ai capigruppo parlamentari riuniti da Renzi. L’autore, Mohamed Lahouaiej Bouhlel, il 31enne franco-tunisino che giovedì 14 luglio ha lanciato ad alta velocità un camion sulla Promenade des Anglais uccidendo 84 persone, potrebbe aver avuto un complice in Italia. Su segnalazione delle autorità francesi, infatti, l’Italia ha svolto verifiche su un sospetto che risulterebbe residente in Puglia.
Ma ancor più preoccupante per il funzionamento e la tenuta delle istituzioni è quanto è successo in seguito, che documenta un clamoroso corto circuito istituzionale, dovuto a un difetto comunicazione interna, anche fra la stessa magistratura, ma soprattutto a quella che può sembrare un’irrefrenabile tentazione di protagonismo dei giudici.
ROBERTI – Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, in merito a quanto comunicato da Alfano alla conferenza dei Capigruppo, ha replicato: “il dato riportato dal ministro a noi non risulta. Il che può essere ricondotto o a un’informazione non esatta che ha ricevuto il ministro oppure a un difetto di circolazione delle informazioni all’interno delle istituzioni e questo sarebbe grave, perché certe notizie, prima di essere divulgate, dovrebbero essere fatte circolare all’interno del circuito istituzionale perchè la procura nazionale antimafia abbia la possibilità di dare un apporto conoscitivo importante su ciascun dato di cui viene a conoscenza. E prima ne viene a conoscenza, meglio è”.
MINISTERO – Naturalmente il ministero dell’Interno non se l’è tenuta e ha replicato a queste affermazioni con un comunicato ufficiale nel quale spiega: «è giusto specificare che, dell’attività di accertamento, l’Autorità Giudiziaria competente di Bari era stata puntualmente informata e, se un vulnus proprio si deve individuare, questo va ravvisato nella evidentemente non efficace comunicazione interna tra l’Autorità Giudiziaria competente e il proprio referente nazionale, cioè il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». Aggiungendo che «la veicolazione di informazioni di tal genere, come dovrebbe essere noto a tutti, specialmente ai giornalisti che si occupano di delicate materie, non avviene, di regola, tra i vertici, bensì attraverso i canali tecnici di quotidiano collegamento e informazione all’interno degli stessi organismi». Il comunicato punta inoltre l’indice contro “qualche solito professionista dell’indignazione” che stamattina “ha scritto, come gli accade spesso, cose false. Ciò succede quando l’intento di indignare prevale sull’obbligo di informare correttamente”.
Dunque la notizia era stata già in precedenza comunicata attraverso canali istituzionali non di vertice, tanto che il Viminale se la prende con qualche giornalista, ma in realtà lancia anche una stilettata diretta al Procuratore nazionale antimafia che, prima di rilasciare interviste, avrebbe fatto forse meglio a chiarire i fatti direttamente attraverso canali istituzionali. Intanto vale la pena ribadire un principio: i giornalisti fanno il loro mestiere quando danno notizie. E nessuno, come recita la nostra Carta Costituzionale, può essere sottoposto a censura.
FATTI – Il Viminale, quindi, ripercorre l’accaduto: “Ieri, alle 12.45, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, dopo un’attenta valutazione d’intesa con il Capo della Polizia Franco Gabrielli, ha ottemperato all’impegno doveroso, nei confronti del Parlamento, di illustrare una particolare situazione che interessava l’Italia e riguardava, nello specifico, un’attività accertativa su un fatto avvenuto, tra l’altro, diverso tempo fa. Si trattava di comunicare una notizia che non aveva compromissioni di carattere giudiziario investigativo e ovviamente autentica – al tempo stesso generica perché sprovvista di nomi e luoghi precisi – a un consesso che aveva il diritto a essere informato direttamente dal Ministro e che, se così non fosse stato, l’avrebbe scorrettamente appresa – prosegue la nota – dalle agenzie di stampa”.
In definitiva il comunicato dell’Interno si preoccupa di dire che nessuna mancanza di comunicazione tempestiva e corretta da parte degli organismi ministeriali c’è stata. E fra le righe aggiunge che deve essere Roberti ad accertare come sono andate le cose all’interno della sua organizzazione.