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Economia: la Spagna senza governo cresce tre volte l’Italia. Ma allora a che serve un esecutivo?

Primo consiglio dei ministri del governo Renzi, Roma 22 febbraio 2014. ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Primo consiglio dei ministri del governo Renzi, Roma 22 febbraio 2014.

In questi ultimi anni si è verificato più volte il caso che la mancanza di un esecutivo in carica non abbia fiaccato l’economia di un Paese, che anzi continuava ad essere prospero, mentre non è stato vero il contrario nel 2011 quando Napolitano colse l’occasione dello spread che saliva (provocato a bella posta da alcuni settori finanziari?) per far fuori Berlusconi e dare inizio alla inconcludente e infelice esperienza dei governi del presidente, ultimo l’attuale, quello di Renzi. Con la conseguente sospensione della democrazia.

Ma torniamo alle ipotesi di assenze di governi in carica: era già accaduto all’inizio del decennio in Belgio, dove l’assenza per 540 giorni di un governo non aveva minimamente intaccato una delle economie più sane d’Europa; ora la storia sembra ripetersi in Spagna, dove il secondo giro di elezioni in un anno non è riuscito a partorire una maggioranza politica e ciò nonostante la penisola iberica, dati alla mano, cresce tre volte l’Italia. Sollevando un interrogativo inevitabile: a che serve la politica? L’incertezza è più funzionale alla crescita del Pil che non la tanto sbandierata (da Renzi) stabilità, l’unica ragione per cui il rottamatore resta in sella?

Ne parla diffusamente un approfondimento apparso su Linkiesta, focalizzato sullo spread dei titoli di stato spagnoli e italiani rispetto ai bund tedeschi. Un tema non più d’attualità dopo le iniezioni di liquidità della Bce, ma ancora utile come indicatore. Lo spread tra titoli italiani a 10 anni e bund tedeschi, quello che nel 2011 e 2012 superò più volte i 500 punti, ora si aggira intorno ai 120. Quello fra i Bonos spagnoli e il Bund è poco superiore a 100 punti base, intorno ai 102. Sia nel caso dello spread italiano e spagnolo c’è stato un calo dai valori di giugno, ma c’è già una prima differenza: se lo scarto tra BTP e bund rimane al di sopra dei livelli di questa primavera, per quello tra Bonos e Bund è ai minimi dell’anno.

Oggi sappiamo che nel 2016, se andrà bene, bisseremo la crescita del 2015, molto più in basso delle previsioni, e soprattutto che rimarremo la pecora nera d’Europa, con una crescita zero nel secondo trimestre e una dello 0,7% anno su anno. Un terzo di quella spagnola, del 3,2%. Con la differenza, come accennato, che la Spagna è di fatto senza un governo da mesi, con Rajoy ancora in carica dallo scorso dicembre ma privo di una maggioranza parlamentare.

Il che rende discutibili i paradigmi su cui da mesi, se non anni, si basa il dibattito politico italiano e le giustificazioni con le quali Napolitano ha varato tre governi a sua insindacabile scelta, senza ricorrere alle urne. E’ proprio vero che i mercati premiano la stabilità e che senza stabilità politica si rischiano attacchi speculativi? Il dubbio, come sostengono in molti, è che le decisioni politiche, specie in materia economica, servano solo ed esclusivamente a certificare la subalternità della politica alle esigenze del grande capitale, agendo principalmente sulle leggi che riguardano il lavoro e la finanza. Esattamente come sta facendo da due anni Renzi. Portandoci allo stato in cui siamo, con la crescita zero e sorpassati pure dalla Spagna.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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