Lavoro e crescita: la Cgil presenta un piano straordinario di 30 miliardi in 3 anni
ROMA – I sindacati, dopo tante critiche e proteste contro l’inefficienza dell’azione del Governo, scendono in campo per suggerire ipotesi di recupero di produttività, di rilancio dell’economia, di promozione di investimenti pubblici e privati. Le loro ricette hanno il pregio di non essere influenzate, come quelle del governo, dagli interessi di partito, de industriali e banchieri, i principali sostenitori di questo esecutivo. In particolare la Cgil, il sindacato più critico nei confronti di Renzi, ha avanzato concrete proposte per lo sviluppo.
CGIL – ”L’Italia può tornare a crescere solo attraverso una terapia shock: con una spesa pubblica di 10 miliardi l’anno per tre anni, da utilizzare per investimenti pubblici e creazione diretta di lavoro”. Questa in estrema sintesi la ricetta indicata dalla Cgil nel suo piano straordinario per l’occupazione, presentato quest’oggi. Secondo le stime del sindacato l’iniezione di risorse pubbliche, pari a 30 miliardi nel triennio, dovrebbe portare alla creazione diretta di 520.000 posti pubblici e 80.000 privati, per un totale di 600.000 posti, con un incremento degli occupati di circa 1.368.000 unità.
PIL – Il tasso di disoccupazione scenderebbe al 4,8%, mentre il Pil reale salirebbe al 5,7% e gli investimenti pubblici e privati crescerebbero del 19%. ”Per una vera crescita dell’economia del Paese il sistema pubblico deve creare direttamente lavoro, solo così si possono generare quelle condizioni di ottimismo e certezza per far ripartire i consumi e gli investimenti”, afferma il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi.
PIANO – ”Il nostro piano straordinario -spiega Barbi – è una terapia shock per ridurre la disoccupazione, in particolare giovanile e femminile, sia attraverso la promozione di nuova domanda, ovvero aumento di occupazione, salari, consumi e investimenti, sia dell’offerta, con nuovi settori di attività economica e nuove professionalità”.
DIRETTRICI – Due le direttrici da seguire, indicate dal segretario confederale, la prima i bisogni sociali e di manutenzione del territorio largamente insoddisfatti, la seconda l’innovazione industriale e il rilancio della ricerca. Per la Cgil gli obiettivi del piano sono obiettivi plausibili, raggiungibili in breve tempo e soprattutto finanziabili, infatti il sindacato individua diverse possibilità di finanziamento, ad esempio: 260 miliardi all’anno per 10 anni si potrebbero ottenere, così come proposto anche dalla Ces, da un cambiamento del Patto di Stabilità; 20 miliardi all’anno con l’introduzione di un’imposta sulle grandi ricchezze di tipo progressivo; dai 30 ai 40 miliardi all’anno attraverso la riduzione strutturale dell’evasione. Per la Cgil il Paese ”non può più aspettare. Nove anni ininterrotti di crisi strutturale hanno cancellato 1,6 milioni di posti di lavoro, e le persone in condizione di povertà assoluta sono aumentate di oltre due milioni”. Per questo, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, annuncia che il piano sarà presentato al Governo, in vista della prossima legge di bilancio.
CISL – Sul tema interviene anche la Segretaria Generale della Cisl, Anna Maria Furlan:« il Paese ha essenzialmente un problema che è il tema della crescita. Fortunatamente non siamo sotto lo zero ma la crescita è ancora troppo debole. Abbiamo bisogno di mettere la quinta marcia per uscire dalla crisi, da Trento a Palermo passando per Roma.»
Vista l’inefficienza e l’inefficacia dell’azione governativa i sindacati cercano di presentare direttamente le loro ricette per stimolare la crescita ancora assente, ricette che saranno sicuramente più concrete e produttive di quelle finora messe in campo da Renzi e dal suo esercito di esperti bocconiani e non, che hanno prodotto finora solo un colossale flop, tanto che siamo ancora saldamente ancorati alla crescita zero, in coda ai Paesi dell’Ue. Temiamo però che il rottamatore non abbia l’umiltà di recepire consigli altrui e andrà avanti per la sua strada che non ci porterà certo, in breve tempo, sui sentieri dell’auspicata ripresa. Ma purtroppo non si intravedono alternative a questo governo né esistono poteri indipendenti, neppure il Capo dello Stato, che possano e soprattutto vogliano intervenire.