Banche salvate: aumentati i costi dei conti correnti di altri istituti. I banchieri si rivalgono sui clienti incolpevoli
ROMA – Il salvataggio delle 4 banche Banca Marche, Etruria, CariFerrara e cariChieti, voluto dal governo Renzi (fra gli istituti c’è Banca Etruria di papà Boschi), oltre a aver rovinato molti risparmiatori che protestano contro l’esecutivo, ha avuto e avrà ripercussioni negative sulle tasche e sui conti degli altri risparmiatori.
FONDO – Infatti il Fondo Nazionale di Risoluzione delle crisi bancarie, istituito dalla Banca d’Italia per mettere in sicurezza le 4 banche citate, rischia di rappresentare una sorta di tassa extra per i correntisti. Alcuni istituti come Banco Popolare, Unicredit, Ubi hanno infatti aumentato i costi dei depositi dei clienti per recuperare il contributo dato al fondo.
BANCO POPOLARE – La maggiorazione dei clienti del Banco Popolare è di 25 euro annui, l’istituto ne ha dato comunicazione a settembre in riferimento alla delibera in cui si spiega che la misura riguarda “tutti i rapporti di conto corrente e assimilati dei clienti privati e imprese”: in pratica, un aggravio per un milione e mezzo di correntisti fino a oggi a canone zero.
UNICREDIT – Unicredit ha ritoccato il canone mensile di alcune tipologie di conto corrente (i conti denominati MyGenius Silver, Gold e Platinum) di circa 2 euro al mese, portando il costo totale rispettivamente a 5, 7 e 12 euro al mese. Il fatto è stato comunicato ai clienti con l’estratto conto del primo trimestre di quest’anno, e si fa riferimento ad una serie di “eventi” che hanno comportato maggiori costi per l’istituto. Tra questi c’è l’entrata in vigore dell’accordo Facta sul contrasto all’evasione fiscale (che è operativo dal 2014), l’aumento dell’Iva (che risale al 2013), l’adeguamento del sistema informatico e anche l’accordo per la costituzione del “single resolution fund”, il fondo di risoluzione europeo in vigore dal primo gennaio di quest’anno che sarà chiamato ad intervenire per evitare fallimenti bancari a livello continentale.
UBI – Ubi invece giustifica i 12 euro di maggiorazione per i clienti a causa dell’aumento dei costi di produzione sostenuti per dar seguito alle direttive europee sempre legate al Fondo di risoluzione per garantire da eventuali crack i correntisti fino a 100mila euro.
Hanno scelto di non imporre maggiorazioni di sorta Intesa Sanpaolo, Montepaschi e Bpm. Come al solito dunque paga sempre Pantalone. Le banche ovviamente, costrette dal governo a intervenire per salvare istituti in difficoltà, si rifanno sui correntisti. E anche queste sono tasse occulte che Renzi non considera quando si vanta (a torto) di aver sostanzialmente ridotto il peso fiscale.