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E’ morto Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga. Aveva 91 anni. In guerra con i figli e con le coop

Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga, scomparso a 91 anni
Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga, scomparso a 91 anni

MILANO – E’ morto Bernardo Caprotti, il fondatore della catena di supermercati Esselunga. Era ricoverato in una clinica milanese e il 7 ottobre avrebbe compiuto 91 anni. I supermercati Esselunga sono concentrati nel Nord Italia e recentemente Caprotti aveva dato mandato a Citigroup per valutare la vendita di Esselunga dopo le manifestazioni di interesse di alcuni fondi. Oltre ad essere imprenditore, qualche anno fa Caprotti ha scritto il libro dal titolo “Falce e carrello”, una serie di accuse al mondo delle cooperative rosse con le quali ha polemizzato per anni. Le considerava il diavolo, mentre lui era … l’acqua santa. E’ stato sotto i riflettori della cronaca anche per un aspro scontro con i figli con strascichi giudiziari. Giuliana Caprotti, la moglie, con una nota ha annunciato “con immenso dolore il decesso del marito, aggiungendo che, per espressa volontà del defunto le esequie – si legge nella nota – avverranno in forma strettamente privata e per suo desiderio non dovranno seguire necrologi”.

Caprotti, la cui immagine è legata ai supermercati, fondò l’ Esselunga alla fine degli anni ’50 importando in Italia il modello già sviluppato negli Stati Uniti. Era nato a Milano il 7 ottobre 1925. Rampollo di una famiglia di industriali tessili, diplomato al liceo classico e laureato in Giurisprudenza, al termine degli studi partì per gli StatiUniti, spinto dal padre che puntava tutto su di lui per portare avanti il suo lavoro nell’industria del cotone e della meccanica tessile. Il giovane non si risparmiò: lavorò in catena di montaggio tra carde, filatoi e telai, ma indossaando anche la giacca, per andare alla borsa cotoni di Wall Street. Un anno di duro lavoro, al termine del quale tornò in Brianza e cominciò a lavorare nella manifattura di famiglia. La morte del padre, avvenuta nell’estate dello stesso anno, porta Caprotti alla guida dell’azienda. Finché, nel ’57, arrivò l’opportunita’ di salire sugli scaffali della grande distribuzione. Nelson Rockefeller, nipote del celeberrimo fondatore della Standard Oil, vuole aprire una catena di supermercati in Italia. L’uomo d’affari americano prende contatti con i fratelli Brustio, vertici della Rinascente, ma Marco Brunelli e Guido Caprotti, fratello di Bernardo, ascoltano casualmente la conversazione tra Rockefeller e i manager italiani nella hall di un albergo di Sankt Moritz e riescono asoffiare l’affare alla Rinascente, che pretendeva la maggioranza dellasocietà nascitura.

La Supermarkets Italiani Spa apri il suo primo supermercato in un’ex-officina di viale Regina Giovanna, a Milano. La catena di punti vendita avrebbe preso presto il nome di Esselunga. I fratelli Caprotti (Bernardo, Guido e Claudio) rilevano il 18% del gruppo, la quota che Rockefeller voleva destinare ai Brustio. Come azionisti entrano anche la famiglia Crespi, con il 16%, e Marco Brunelli, con il 10%. Quattro anni dopo, l’imprenditore brianzolo rileva il 51% delle azioni da Rockefeller, sborsando quattro milioni di dollari. E’ il primo passo verso l’abbandono del tessile. Dal 1965, in pieno boom economico del Bel Paese, Caprotti si dedica solo alla grande distribuzione, ma sono anche anni di conflitti sindacali. Le associazioni dei lavoratori ottengono aumenti salariali, ma, secondo loro, una turnazione inadeguata alla vendita al dettaglio. Gli scontri continuarono per vent’anni. Nel 1988, Caprotti vinse il braccio di ferro con il supporto dei colletti bianchi dell’azienda: vanno a casa 904 lavoratori su 5.684 e l’azienda aprì il primo magazzino automatizzato, con lettori di codici a barre alle casse, che permettono di mantenere operativi punto vendita e catena distributiva, anche in carenza di forza lavoro.

L’assetto dato al gruppo Esselunga a partire dal 1996 scatenò una contesa giudiziaria tra Bernardo e i figli Giuseppe e Violetta. La vicenda tenne banco per anni nelle aule dei tribunali e si concluse lo scorso febbraio con la pronuncia della Cassazione, che respinse il ricorso dei figli. Il 21 settembre 2007 a Milano, presentò il suo libro, intitolato ‘Falce e Carrello’. Dove raccontava degli ostacoli frapposti all’espansione del suo gruppo nelle regioni ‘rosse’, accusando le Coop locali di scorrettezze commerciali, oltre che di intrecci indissolubili con la politica. Il volume dette vita a una lunga battaglia nelle aule dei tribunali, a colpi di denunce e richieste di maxi risarcimenti. Grande anche la passione di Caprotti per l’arte. Nel 2013 ufficializzò la donazione alla Pinacoteca Ambrosiana di un dipinto su tavola del XVI secolo, acquistato nel gennaio 2007 da Sotheby’s per 440mila dollari. Si tratta di un volto di Cristo attribuito al pittore Gian Giacomo Caprotti, artista noto come il Salaino o Salaì, ragazzo di bottega, allievo, modello e amico di Leonardo da Vinci.

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Sono stato fra i pochi giornalisti, almeno così hanno detto, ad avere la fortuna di fare un’intervista a Bernardo Caprotti, con domande e risposte virgolettate. Avvenne cinque anni fa, quand’ero ancora a “La Nazione”. Lui era a Firenze per una conferenza all’Accademia dei Georgofili. Alla fine, mentre salutava tutti con grande cortesia, gli chiesi se potevo fargli delle domande. Mi guardò e, nonostante le preoccupazioni dell’addetto stampa, fece cenno di sì con la testa. In quel momento infuriava la polemica sulle aperture domenicali. Caprotti, cattolico, disse che non trovava giusto che il Papa si opponesse al progetto volendo santificare la festa. Ovviamente puntai il titolo su quello. Lui, nonostante le polemiche che seguirono, non smentì nemmeno una virgola di quell’intervista. Un signore, un galantuomo e un grande imprenditore.

(Sandro Bennucci)

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