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Riforma dell’Inps: congelato il progetto di Boeri, si addensano nubi fosche per il futuro del presidente e per l’istituto

boeri polettiSulla preparazione e sull’attuazione delle politiche di previdenza e assistenza, in particolare in tema di pensioni, negli ultimi due anni il governo è stato pungolato, e talvolta criticato,da alcuni cosiddetti esperti, ma in particolare da un (ex?) pupillo del premier Renzi: il prof. Tito Boeri, bocconiano economista, messo a capo dell’Inps personalmente dal Presidente del Consiglio. Finora, dobbiamo riconoscere, senza apprezzabili risultati pratici e in mezzo a molte polemiche per la tendenza irrefrenabile di giocare un ruolo politico e non quello, che gli spetterebbe, di tecnico incaricato di mettere i conti a posto.

E’ ben vero che Boeri ha ereditato una situazione a dir poco difficile: la fusione tra Inps, Inpdap (dipendenti pubblici) ed Enpals (lavoratori spettacolo e sportivi) si è risolta per ora in una mera sommatoria delle posizioni apicali, senza creare alcuna economia di scala. Differenti sono i sistemi di calcolo delle pensioni, mentre le liquidazioni e ricongiunzioni sono diventate più lente, a tutto profitto del bilancio pubblico, ma a scapito degli assistiti.

Nell’apprezzabile volontà di riforma dell’Istituto e del contenimento dei costi Boeri ha proposto di tagliare le direzioni da 48 a 36, diminuendo il peso di Roma (14 da 33) e aumentando quelle periferiche (da 15 a 22). Un risparmio che contribuirebbe ad aprire le porte all’assunzione di 900 giovani laureati. Questa posizione, come abbiamo riferito, è stata platealmente contestata dal Presidente del Civ (Consiglio d’indirizzo e vigilanza) dell’Inps, Pietro Iocca, che ha presentato anche ricorso al Tar del Lazio contro le decisioni di Boeri.

E il governo? Silenzio. Nessun atto, nemmeno una telefonata. Boeri forse paga nei confronti dell’esecutivo la sua libertà di pensiero? Il suo parlare a briglia sciolta senza rendersi conto delle conseguenze politiche delle sue affermazioni? Senza dubbio spesso ha provocato nel Governo e nella maggioranza qualche irritazione con le sue dichiarazioni quasi da ministro ombra del Lavoro.

Ricordiamo quelle più evidenti, che hanno fatto scendere il gelo fra lui e la politica. Boeri è favorevole a una certa flessibilità in uscita ma teme l’aumento in prospettiva della spesa pensionistica, non condivide l’estensione della no tax area e inoltre la corresponsione della quattordicesima senza limiti — anche per esempio al marito di una manager benestante — lo lascia perplesso. L’enfasi su equità, vitalizi e privilegi non ha mancato di sollevare polemiche, a volte giustificate.

La riforma della governance Inps — che secondo Iocca porrebbe un uomo solo al comando — costituisce però per Boeri un passaggio qualificante e necessario per l’istituto. Nelle ambizioni del presidente Inps si trasformerebbe anche in una sorta di banco di prova della riforma Madia sulla dirigenza pubblica, nella cartina di tornasole della volontà riformatrice del governo. E’ ovvio che una bocciatura del progetto costringerebbe non solo Boeri, ma anche il governo, a riconsiderare posizioni e strategie dell’istituto di previdenza e della sua governance, a cominciare dal massimo livello.

A questo punto mi sembra che si sia arrivati a uno snodo cruciale. O Boeri ha ancora la fiducia di Renzi e del governo, e allora va sostenuto senza indugi nella sua azione di rottura di vecchi equilibri e inefficienze, oppure l’ha perduta e l’esecutivo dovrebbe agire di conseguenza. Però maiora premunt, la campagna del referendum costituzionale, molto accesa, è solo agli inizi e per più di due mesi lascerà spazio solo ai problemi della legge di stabilità, dei rapporti con l’Europa, del contratto del pubblico impiego. Intanto Boeri resta congelato al suo posto e l’Inps probabilmente resterà ingessato nell’organizzazione attuale. Il 2017 porterà consiglio.

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