Firenze, morte di Riccardo Magherini: «Non fu nè picchiato, né leso». La motivazione della sentenza con la condanna di 3 carabinieri
FIRENZE – Nella motivazione della sentenza con la quale, il 13 luglio, furono condannati 3 carabinieri per omicidio colposo, il giudice Barbara Bilosi scrive che Riccardo Magherini, il quarantenne deceduto tra il 2 e il 3 marzo 2014 nel corso di un arresto in strada a Firenze da parte dei carabinieri, «era in una condizione pesante di intossicazione acuta per l’assunzione di stupefacenti (cocaina, ndr) e in preda a un delirio allucinatorio manifestatosi prima dell’intervento delle forze dell’ordine». Intervento che «era legittimo e giustificato dalla necessità di bloccarlo, ma le lesioni riportate non possono essere in alcun modo ricondotte ad un’azione dei militari che,
ad eccezione di due calci privi di efficienza causale sul decesso, non lo hanno picchiato, percosso, leso in alcun modo, come emerso nettamente dalla consulenza medico legale e come oggettivamente confermato dalla condotta autolesionistica di Magherini».
Riferendosi alle ferite riscontrate sul corpo di Magherini, il giudice Bilosi scrive che «quei segni sono stati causati dallo sfregamento del
volto sull’asfalto, dall’uso di manette, dall’inginocchiamento in terra volontario e ripetuto e dallo sfondamento di due vetrine con il corpo». I carabinieri, scrive ancora il giudice, dovevano bloccare Magherini «per salvaguardare la sua incolumità e quella pubblica, essendosi quanto meno reso autore di un reato per cui è previsto l’arresto in flagranza e comunque, nell’intervento, «non è stato adoperato alcun strumento offensivo, è stato colpito con due calci, che non hanno spiegato alcuna efficacia causale al decesso e all’intero svolgimento della vicenda ha assistito una pletora di persone e un intero quartiere». Inoltre, «risulta del tutto infondata la tesi di presunti tentativi di depistaggio». Per il giudice Bilosi la conclusione della sentenza del 2009 sul caso Aldovrandi a Ferrara «non è in
alcuna parte riproponibile nel contesto in esame, dove le indagini si sono svolte in tutte le direzioni e nessun ostacolo è stato frapposto a sbarrare le ipotesi di altre cause di decesso».
In altro passo della sentenza, il giudice Bilosi critica la strategia processuale degli avvocati delle parti civili «che hanno preteso di assimilare sul piano fattuale e giuridico con assoluta e cieca determinazione situazioni in tutto differenti, alimentando aspettative eccessive nei propri assistiti e, di conseguenza, tensioni del tutto inopportune nei confronti delle forze dell’ordine di cui hanno sostenuto la brutalità di quell’intervento ritenuto causa esclusiva del decesso, avendo essi svalutato qualsiasi altra componente».
Francesco Maresca, difensore dei carabinieri, ha commentato: «Fin dall”inizio di questa vicenda ho sostenuto che il processo riguarda quei pochi minuti in cui Magherini viene tenuto prono dai carabinieri, tutto il resto non fa parte di questo processo, cioè pestaggi, torture, percosse e un giudice coraggioso ne ha dato conto con sentenza esemplare per assoluta logicità di ragionamento con la quale
ridimensiona totalmente l’accaduto, stigmatizzando addirittura il comportamento delle difese di parte civile contestandogli di
avere creato aspettative ingiustificate e tensioni inopportune. Posso dire che lo avevo sempre sostenuto. Sono molto soddisfatto per quanto motivato dal giudice – aggiunge Maresca – Faremo appello per l”ultimo aspetto meramente tecnico rimasto, ovverossia, appunto, la gestione di quei pochi minuti da parte dei carabinieri».