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Migranti: il documento Ue non soddisfa l’Italia, nessun accenno ai ricollocamenti

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BRUXELLES – Dopo un’interminabile e accesa discussione fra i 28 leaders (c’era anche Theresa May) dei paesi Ue si è arrivati a una sorta di tregua armata tra gli Stati dell’Unione Europea sulle migrazioni, che sono state tra i temi centrali nei lavori del Consiglio Europeo. La rilevanza della materia, altamente divisiva, si riflette anche nella lunghezza del testo definitivo (ben 980 parole, rispetto alle 874 della bozza disponibile fino a ieri sera, su un totale di 1.529) dedicato a questo tema nelle conclusioni, che sono state diffuse a rate a mano a mano che venivano approvate.

C’era la necessità di trovare un compromesso tra solidarietà e responsabilità in tale materia e per questo la presidenza slovacca del Consiglio Ue ha annunciato che si sta lavorando ad una proposta di riforma del sistema comune europeo di asilo, che verrà presentata nel Consiglio Europeo di dicembre.

Il testo delle conclusioni sulle migrazioni è frutto di un compromesso tra le esigenze dei Paesi di primo arrivo, come l’Italia e la Grecia; di quelle degli Stati dell’Europa Centro Orientale, che continuano a non implementare le decisioni del Consiglio sul ricollocamento dei rifugiati, e di quelli più attrattivi per i migranti, che hanno attuato controlli straordinari alle frontiere interne dell’area Schengen, come Germania, Austria, Danimarca e Svezia. Ma sono sostanzialmente penalizzanti e insoddisfacenti per l’Italia, che chiedeva l’apertura di procedure d’infrazione contro gli Stati che non attuano i ricollocamenti.

Nel testo finale delle conclusioni, frutto della volontà di tenere tutti insieme ora che si avvicina l’avvio dei negoziati per la Brexit, tutti formalmente conquistano qualcosa: Italia e Grecia ottengono il riconoscimento formale, per la gloria dei loro governi, del significativo contributo, incluso quello di natura finanziaria (un inciso questo che per l’Italia conta anche riguardo ad altri dossier, in particolare la legge di stabilità), arrivato dagli Stati membri di frontiera negli ultimi anni, nonché l’appello a intensificare ulteriormente gli sforzi per accelerare i ricollocamenti (di rifugiati da Italia e Grecia in altri Paesi Ue), in particolare per i minori non accompagnati, e gli schemi di reinsediamento esistenti (nel gergo comunitario, per reinsediamento si intende il trasferimento di una persona bisognosa di protezione internazionale da uno Stato extra Ue a uno Stato Ue).

Ma intanto i due Stati della frontiera mediterranea con l’Africa continueranno a tenersi i clandestini e ad accogliere i migranti quasi da soli. Quindi solo parole, tanto più che questa pretesa conquista è temperata da una nota a piè di pagina, ottenuta dagli Stati recalcitranti, che specifica: «Questo senza pregiudicare la posizione di Ungheria e Slovacchia, come contenuta nel procedimento alla Corte di Giustizia Ue in relazione alla decisione 2015/1601 del Consiglio, e alla posizione della Polonia, che è intervenuta in supporto dei ricorrenti». L’Italia, dopo un lavoro lungo e faticoso, è riuscita ad ottenere che venga finalmente menzionata l’Africa (servono più sforzi per contenere i flussi di migranti irregolari, in particolare dall’Africa, e per migliorare i tassi di rimpatrio), dopo le veementi proteste di Renzi al termine del precedente incontro di Bratislava.

Insomma, come ha rilevato il nostro premier, qualche piccolo passo in avanti in teoria c’è stato, ma mancano ancora i fatti concreti, soprattutto in merito ai ricollocamenti e alla modifica dell’accordo di Dublino, due punti fondamentali per i quali l’Italia chiede l’attuazione per il primo e la modifica del secondo. E forse faticosamente (più per il secondo che per il primo) ci riuscirà.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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