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Referendum: le ragioni del Si e del No viste dai cattolici, divisi nei due campi avversi

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ROMA – Il voto dei cattolici potrebbe essere decisivo per la vittoria di una delle parti nel referendum istituzionale, visto che, per ora, le posizioni di quest’importante fetta della popolazione italiana sembrano distribuirsi quasi equamente, anche se l’associazionismo cattolico, tradizionalmente orientato a sinistra, sembra favorevole al Si e dunque al Governo Renzi.

La Chiesa ufficialmente non ha preso, giustamente, posizione e il presidente della Cei, il card. Angelo Bagnasco, ha invitato i credenti ad informarsi personalmente al fine di avere chiari tutti gli elementi di giudizio circa la posta in gioco e le sue durature conseguenze. Molte altre voci della Chiesa hanno offerto però orientamenti diversi. Tra i primi a intervenire i gesuiti di Civiltà Cattolica con un articolo di padre Francesco Occhetta, che ha posto tra i criteri di riferimento un’attenzione al merito libera da strumentalizzazioni politiche; e la coerenza delle innovazioni proposte con lo spirito originario dei costituenti, auspicando un’approvazione della riforma.

Nell’arcipelago del laicato cattolico associato le Acli, dopo un lungo e appassionato dibattito interno, motivano il Sì alla riforma partendo dai dati di fatto, ma in sostanza ripetendo alla lettera il credo di Renzi – Boschi: «Prima di tutto c’è il tema del bicameralismo paritario – ha detto Rossini – lo stiamo vivendo sulla nostra pelle: stiamo proponendo insieme ad altri soggetti dell’alleanza contro la povertà legge che introduce reddito di inclusione sociale. E’ stata approvata alla Camera ora deve passare al Senato ma già sappiamo che ci saranno cambiamenti e quindi ripasserà alla Camera. Se il bicameralismo fosse stato non paritario oggi già avremmo la legge».

Si schierano apertamente per il No il Movimento Cristiano Lavoratori e la galassia del Family Day, che non nasconde la forte valenza politica di questo voto: «E’ una riforma pericolosamente centralista – ha detto Gandolfini – che riserva una larga fetta di potere nelle mani dell’Esecutivo in generale e del Premier in particolare. Il nostro è un No assolutamente convinto sia per la sostanza che il metodo con il quale si è arrivati alla riforma. Ed è anche un No convinto a un Esecutivo che ha fatto leggi e ha in programma leggi contrarie alla visione antropologica nella quale crediamo».

Le diversità di vedute nel campo cattolico regnano anche tra i costituzionalisti. «Bisogna stare molto attenti – ha spiegato l’ex presidente della Consulta De Siervo – a stravolgere la Costituzione e i suoi valori di fondo attraverso modifiche delle istituzioni troppo rischiose». Di contrario avviso Stefano Ceccanti il quale afferma: «I cattolici italiani hanno sempre vissuto in maniera molto forte questa doppia appartenenza: alla comunità ecclesiale e al Paese. Quindi hanno contribuito a edificare la casa comune. Qui la ricerca è di essere fedeli ai principi, tuttora validi, ma di trovare strumenti nuovi che possano far funzionare meglio quei principi». Come dire implicitamente votate Si.

A parte l’ex Presidente della Consulta, Ugo De Siervo, che esprime un parere equilibrato, di carattere squisitamente dottrinale, gli altri, da un lato e dall’altro, sembrano invece essere stati influenzati dal forte significato politico e personalistico che il premier ha dato alla consultazione e alla campagna referendaria, nella quale si è impegnato lui personalmente e ha fatto impegnare i suoi ministri, a cominciare dalla fida Maria Elena Boschi.

Ma nell’agone sono scesi in campo altri politici, qualcuno di area cattolica, come il quasi dimenticato Pierferdinando Casini, che sta cercando di recuperare visibilità spendendosi per la causa del Si, altri omologhi alla maggioranza come il presidente emerito Giorgio Napolitano, che sostiene a corpo morto la modifica della Carta fondamentale, dopo aver predicato per anni (contro le modifiche proposte da Berlusconi) che era la Costituzione più bella del mondo. Ma dall’altro lato, quello del No, si trovano altre vecchie conoscenze della prima Repubblica, a cominciare da Massimo D’Alema e, per restare sempre in area cattolica, Ciriaco de Mita, protagonista fra l’altro di un confronto televisivo con Matteo Renzi, nel quale ha tenuto baldanzosamente testa al rivale, più giovane di mezzo secolo. Mentre Berlusconi non si capisce bene che gioco faccia, da un lato predica il No, dall’altro loda lo spessore politico di Renzi. Del resto non è un segreto che alcuni big di Mediaset siano schierati da tempo per il Si, visto che gli interessi dell’azienda prevalgono probabilmente sulla politica.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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