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Jobs Act disastro: aumentano ancora i licenziamenti (+ 10,8%) e diminuiscono i contratti (- 18,7%)

Lavoro/* Istat: ad ottobre scende la disoccupazione, giù all'11,6%

ROMA – La riduzione degli incentivi sulle assunzioni a tempo indeterminato pesa sulle attivazioni di contratti stabili mentre prosegue la crescita dei licenziamenti: nel terzo trimestre 2016 – secondo il Report del ministero del Lavoro sulle comunicazioni obbligatorie – le nuove assunzioni stabili a tempo indeterminato sono state 406.691, in calo del 18,7% sullo stesso periodo del 2015 e inferiori alle cessazioni di contratti stabili (483.162) nel periodo. Aumentano invece i licenziamenti (+10,8%) anche a causa delle nuove norme sulle dimissioni on line che hanno reso più complicata la procedura, soprattutto per i lavoratori stranieri. Il lavoratore che non si dimette on line e si rende semplicemente irreperibile costringe il datore di lavoro a licenziarlo facendo così crescere la quota dei licenziamenti.

Non c’è invece per ora evidenza che l’aumento dei licenziamenti sia anche legato alle norme del Jobs act sul contratto a tutele crescenti. I dati trimestrali del ministero del Lavoro che rispetto a quelli diffusi mensilmente dall’Inps contengono anche quelli su operai agricoli, colf e pubblica amministrazione e tengono conto anche delle collaborazioni registrano anche 117.577 trasformazioni in contratti a tempo indeterminato (quindi le attivazioni complessive di contratti stabili sono 517.268).

Si rileva un calo del 5,4% del numero di attivazioni complessive (a 2,38 milioni) con le riduzioni più sostenute nelle Regioni del Centro-Sud a fronte di 2,32 milioni di cessazioni totali (-3,2%). Le attivazioni a tempo determinato rappresentano oltre i due terzi del totale (71,3% pari a 1,7 milioni) dei contratti avviati nel periodo. Gli avviamenti a tempo indeterminato rappresentano poco più del 17% del volume totale di attivazioni, (2,8 punti percentuali in meno del terzo trimestre 2015). I lavoratori interessati alle nuove attivazioni sono 1,86 milioni.

Il 30,5% dei rapporti di lavoro cessati (oltre 708.000 su 2,32 milioni) ha avuto durata inferiore a un mese mentre il 17,7% ha avuto una durata superiore a un anno. Per quanto attiene i motivi di risoluzione, si riducono del 17,2% le dimissioni e aumentano del 10,8% i licenziamenti arrivando a quota 227.358.

Una grossa grana, una pesante eredità che Renzi lascia in eredità a Gentiloni, un’altra prova del fallimento delle sue tanto celebrate riforme.

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