Monte Paschi: le banche hanno concluso il prestito ponte per la cartolarizzazione delle sofferenze
SIENA – Monte Paschi dunque prova a giocare la carta dell’aumento di mercato, da chiudere obbligatoriamente entro il 31 dicembre dopo che la Bce ha negato una proroga della ricapitalizzazione a gennaio, in quanto metterebbe a rischio la sopravvivenza dell’istituto senese. La possibilità di avviare l’operazione, che potrebbe partire già oggi e si potrebbe chiudere prima di Natale, resta però appesa al via libera della Consob a riaprire la conversione in azioni dei 2 miliardi di bond subordinati in mano ai piccoli risparmiatori, rimuovendo i paletti posti a tutela del retail che hanno limitato le conversioni a 98 milioni di euro nella prima fase dell’offerta. La decisione potrebbe arrivare in tarda serata, a conclusione di una giornata scandita da una continua interlocuzione tra la Commissione, riunita dal primo pomeriggio, gli uffici dell’authority e la banca.
In mattinata il cda di Mps ha messo a punto i tasselli di un aumento le cui difficoltà sono evidenti ma che l’amministratore delegato, Marco Morelli, non rinuncia a tentare allo scopo di salvare Mps senza dover ricorrere all”ombrello dello Stato, che ha già pronto un decreto da 15 miliardi per garantire la ricapitalizzazione, insieme a quelle che incombono sulle altre banche in difficoltà, dalle venete a Carige, passando per le quattro good bank, per finire con altre realtà più piccole. Mps parte dagli 1,03 miliardi di euro raccolti dalla conversione dei bond chiusa lo scorso 2 dicembre, a cui si aggiungono altri 220 milioni dalla conversione del titolo Fresh da 1 miliardo di euro, che il cda ha deciso di includere nell’operazione.
Il vero obiettivo è però coinvolgere i 40 mila sottoscrittori dell’obbligazione da 2,16 miliardi, con l’obiettivo di portare le conversioni in area 2,5-3 miliardi e puntare poi sull’adesione del Qatar (1 miliardo) e sul collocamento agli istituzionali e al retail. L’ammontare dell”aumento, che le banche del consorzio capitanato da Jp Morgan e Mediobanca non garantiranno, verrà determinato, per differenza sui cinque miliardi, una volta concluso l’Lme. Il prezzo di sottoscrizione delle nuove azioni verrà fissato all’interno di una forchetta compresa tra i 24,9 e 1 euro (in tal caso gli attuali azionisti verrebbero azzerati). E’ previsto che il 65% dell’offerta venga riservato agli investitori istituzionali e il 35% al retail, con una quota del 30% riservata agli attuali azionisti e la possibilità di aggiustare in corsa i rapporti.
In caso di via libera della Consob gli obbligazionisti retail si troveranno di fronte al dilemma se aderire, trovandosi in portafoglio titoli azionari e non più di debito, con tutti i rischi che ne conseguono, o invece tenere i bond puntando sui rimborsi che lo Stato intende predisporre ma che dovranno fare i conti con le incertezze e le stringenti regole della burden sharing che chiamano azionisti e obbligazionisti a contribuire al salvataggio di una banca in crisi.
Intanto Jp Morgan, Mediobanca, Credit Suisse e Hsbc hanno sottoscritto il bridge loan (prestito ponte) necessario per realizzare l’operazione di cartolarizzazione di 27,7 miliardi di sofferenze di Mps, parte del complesso piano di salvataggio che l’istituto senese ha messo a punto. A questo punto le banche che assistono Mps ritengono di aver fatto tutto il possibile per consentire all’operazione di mercato (da cui dipendono anche le loro commissioni) di partire.