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Pd: Renzi prepara il Congresso e il voto a giugno. Grandi manovre anche a sinistra

ROMA – Dare un messaggio di ascolto e attenzione al Paese, non restituire la fotografia di un partito perso nelle sue beghe interne. A due giorni dall’assemblea nazionale del Pd, Matteo Renzi lavora su queste due direttrici. Ed è questa la ragione per cui, raccontano i parlamentari a lui vicini, il segretario non avrebbe ancora deciso se aprire subito o meno la fase congressuale. Anche se in serata sembrerebbe più orientato in questa direzione, rinviando il confronto per la leadership a quando si chiarirà il quadro e la legge elettorale. Sulla sua pagina facebook il premier ha scritto: «Domenica discuteremo di molte cose, in modo trasparente e chiaro, come deve fare chi ama la politica e crede nel servizio per il bene comune».

Nel Pd non si nasconde in queste ore qualche preoccupazione. La frustrazione e delusione degli elettori per l’inchiesta su Marra a Roma, osserva Roberto Giachetti, hanno un prezzo pesantissimo che pagherà la politica, tutta. Inchieste, inciuci, paludi e scalate, saranno il nostro futuro?, scrive il renziano Andrea Marcucci.

Nel Pd è diffusa la convinzione che i casi Marra a Roma e Sala a Milano siano molto diversi, sia sul pieno giudiziario che politico. Sala – è l’idea diffusa – non avrebbe dovuto autosospendersi, perché non si può fermare un’esperienza amministrativa per un avviso di garanzia. Ma è una inquietudine di fondo che trapela tra i Dem; c’è la sensazione, afferma Marcucci, fedelissimo di Renzi, di un ritorno al passato, a un clima da prima Repubblica, che il segretario Pd deve contrastare rilanciando la sfida per il Paese.

L’ex premier per ora resta fisicamente lontano dalla politica romana. In mattinata viene avvistato in un bar di Firenze da un militante che gli ruba un selfie e poi su Facebook esulta: Ripartiamo!. Sulla bacheca virtuale di Renzi piovono intanto oltre 13mila messaggi. E lui concede qualche risposta: Si può perdere una battaglia ma non la voglia di cambiare. Avanti. Di riforme costituzionali non si parlerà più, afferma, per almeno un decennio, ma si può ripartire da temi come lavoro e sud. E fa mea culpa: bisogna essere più simpatici e ascoltare di più.

Domenica in assemblea, presente il premier Paolo Gentiloni, il leader Pd parlerà dunque al partito e al Paese. E rilancerà la sua sfida. Non è ancora escluso che annunci da subito la fase congressuale. Per farlo, ci sarebbe bisogno di una deroga allo statuto e dunque in queste ore è in corso un sondaggio tra i membri dell’assemblea per capire se ci sarà un numero di presenze sufficienti. Ma soprattutto, spiegano dirigenti vicini al premier, non possiamo dare ora alla minoranza un pretesto per rompere, per giunta sulle regole. E considerato che i bersaniani chiedono un percorso congressuale fatto nei tempi previsti da statuto, si starebbe facendo largo l’idea di annunciare il congresso o le primarie ma poi indirle solo quando il quadro politico sarà chiaro, dopo la sentenza della Consulta sulla legge elettorale. Primarie di coalizione il 5 marzo e voto a giugno, è il percorso immaginato. Ma se si delineasse un sistema proporzionale, osserva qualcuno, una scissione del Pd sarebbe pressoché inevitabile.

In ogni caso, la scelta domenica sta al segretario: Decide lui, fanno sapere i franceschiniani. E Andrea Orlando fa capire che un congresso subito non sarebbe una buona idea: Penso si debba parlare all”esterno e di come rilanciare il partito. Quanto alla sinistra dem, l’area bersaniana oggi tiene un’iniziativa guidata da Roberto Speranza, per un Pd diverso, immaginando un percorso non di scissione Dem ma di dialogo a sinistra. E sempre domani Sel si scioglierà formalmente in vista della fase congressuale di fondazione del nuovo partito della sinistra, probabilmente a febbraio. Ma a contendere quello spazio c’è anche Giuliano Pisapia, che lunedì terrà un’iniziativa a Bologna.

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