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La road map del governo Gentiloni: migranti, sud, sisma. La legge elettorale? Un rebus

Matteo Renzi e Paolo Gentiloni

C’è chi ha cominciato a fare scommesse: quanto durerà il governo Gentiloni? Molto dipenderà anche dall’umore, e dal fattore-convenienza dell’ex premier, Matteo Renzi. Sarà lui, nella veste ancora non stracciata di segretario del Pd, a dare le carte per l’ultimo giro. Quando telefonerà a Paolo Gentiloni per dirgli di stare sereno sarà il segnale della fine del governo-ponte. Già, ma quando?

La gittata, come ha sottolineato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non può essere lunghissima. E’ vero che quello di Paolo Gentiloni è un governo con pieni poteri. Un governo che, per la prima parte del 2017, delinea già una sua road map. Che si può riassumere con queste tappe: migranti, Sud, ricostruzione delle aree del sisma. Oltre alla celebrazione del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, il 25 marzo del 2017, e al G7 di maggio a Taormina. Ma è altrettanto vero, come detto, che Renzi freme. E le opposizioni con lui. Alleati di Gentiloni saranno però tutti quei parlamentari che vogliono restare in carica almeno fino a settembre per centrare l’obiettivo di legislatura: il vitalizio garantito.

Ma intanto, Gentiloni deve comunque operare. Il battesimo del nuovo esecutivo è stato segnato da un’emergenza, quella di Mps, per la quale il governo ha approvato giovedì scorso il decreto per il salvataggio. E, sempre in chiave economica, nei prossimi giorni, vedrà la luce anche il decreto milleproroghe: tra le misure la proroga dei co.co.co e dei contratti a tempo determinato nella Pubblica amministrazione. L’altra grande emergenza a cui il governo deve e vuole far fronte è quella del post-sisma: la «ricostruzione delle zone terremotate è tra le nostre priorità», ha ribadito nel giorno di Natale il premier Gentiloni che, alla vigilia, si è recato in alcuni dei centri più colpiti. «I soldi ci sono, bisogna che ci sia l’impegno di tutti per superare strozzature burocratiche», è stato il suo invito. Gli scavi di Pompei e la presentazione del completamento della Salerno-Reggio Calabria sono state invece le altre due tappe italiane del premier. Segno, anche geografico, dell’attenzione che Gentiloni vuole dare al Mezzogiorno e che, il 23 dicembre, ha trovato conferma nel decreto per il rilancio del Sud.Sud, ma anche Europa. E’ a Bruxelles (per il Consiglio Ue), che il premier si è diretto una manciata di ore dopo aver incassato la fiducia del Parlamento.

E’ comunque con Bruxelles che l’Italia dovrà affrontare i negoziati per la riforma (il termine è il 30 giugno 2017) del Trattato di Dublino sulle procedure di asilo. E la trattativa, rispetto alle difficoltà riscontrate nel 2016, si preannuncia non meno ardua, anche perché segnata dall’emergenza terrorismo. Una crisi, quella migratoria, su cui l’Ue è in fortissimo ritardo. Gentiloni, pur scegliendo toni non accesi, non sembra abbandonare la nettezza dei messaggi di stampo renziano. Con la consapevolezza che, tra le celebrazioni a Roma dei Trattati Ue e il G7, l’Italia nel 2017 sarà in prima linea ai tavoli internazionali.

E allora? I rumors parlamentari pre-natalizi parlavano di un ritorno alle urne difficilissimo prima del G7. Per un governo che ha più di un problema serio da affrontare: dalla decisione della Consulta,l’11 gennaio, sull’ammissibilità del referendum sul Jobs Act alla complicata partita della legge elettorale. Una partita che, è l’invito anche del Colle, dovrà essere rigorosamente parlamentare (e senza protagonismi del governo) ma che rischia di minare gli equilibri della maggioranza. Equilibri che saranno messi alla prova anche quando approderà in Senato (con una minoranza Dem in trincea sul Jobs Act) la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni contro Giuliano Poletti, finora il ministro più criticato del governo Gentiloni. Protetto, dal Pd e dal segretario, Matteo Renzi, è invece il neoministro dello Sport, Luca Lotti, indagato nell’ambito della vicenda Consip. Ecco, lo scenario è questo. Quanto durerà il nuovo governo? A occhio e croce non proprio pochissimo. E si tratta, ancora una volta, di un governo nominato. E non eletto.


Sandro Bennucci

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