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Bomba di Firenze: stretti collegamenti con il mondo anarcoinsurrezionalista torinese

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Da tempo non si parlava più del terrorismo di gruppi eversivi e centri sociali, che in molte città d’Italia (penso a Pisa, Padova, Torino, Firenze, le sedi dove ho esercitato le funzioni di prefetto) ha portato in passato anche ad episodi di estrema gravità, perseguiti da Forze di polizia e magistratura. La bomba di Capodanno a Firenze – che purtroppo ha causato gravi lesioni a un artificiere della Polizia di Stato – ha riportato agli onori delle cronache queste formazioni, tanto che le Digos di varie città stanno indagando su questo fatto per trovare collegamenti con episodi simili.

Innanzitutto l’ ordigno fiorentino sembra fabbricato in modo analogo a quello lasciato davanti all’ufficio postale di piazza Montale a Torino il 28 novembre scorso. Alla Digos non sono sfuggite le similitudini tra le due bombe, entrambe con un grande potenziale esplosivo, anche se il timer di quella delle Vallette non poteva funzionare per una pila inserita al contrario. Entrambe erano contenute in un involucro metallico e azionate da un timer artigianale, un sistema nuovo per il capoluogo toscano ma non per Torino, dove quell’episodio ha segnato un salto di qualità importante per l’azione dei gruppi eversivi, da tempo nel mirino della magistratura torinese.

Gli investigatori di Firenze che indagano sul caso sospettano che l’ordigno scoppiato davanti alla libreria il Bargello, vicina a Casapound, sia stato confezionato e piazzato da una o più persone, arrivate da altre regioni, che potrebbero essersi rivolte a contatti toscani e fiorentini per avere appoggio logistico. Oppure che qualche esponente toscano si sia recato nel capoluogo piemontese per avere istruzioni in merito.

A questo proposito mi vengono in soccorso i ricordi di prefetto di Torino, dove ho collaborato con la magistratura per la lotta all’eversione. La pista principale infatti potrebbe portare proprio al capoluogo piemontese, dove nel campo del confezionamento degli ordigni esiste una scuola piuttosto conosciuta, come dimostra anche l’inchiesta «Scripta manent» condotta dalla Digos di Torino su una serie di attentati esplosivi, tra cui quello della Crocetta nel 2007, che potrebbe aver fornito una consulenza tecnica importante anche per il caso fiorentino.

La polizia torinese e quella toscana hanno accertato la presenza di esponenti anarchici torinesi a Firenze nei giorni precedenti l’esplosione ma le indagini dovranno accertarne spostamenti e contatti in città. Al momento sembra poco probabile che la mano che ha creato le due bombe di Torino e Firenze sia la stessa. Gli ultimi episodi torinesi – su cui ora la procura subalpina indaga per terrorismo – erano rivolti contro le Poste accusate di avere un ruolo nel rimpatrio dei migranti dai Cie attraverso la loro compagnia Mistral Air.

Fa pensare a collegamenti fra i due episodi anche la descrizione precisa del contenitore esplosivo comparso sopra il bancomat degli uffici postali di piazza Montale, nel quartiere Vallette, lo scorso 28 novembre. Una specie di piccolo termos per alimenti, in alluminio e di colore verde, su cui era stato fissato quello che un tempo era un semplice orologio da forno. Quella bomba conteneva 330 grammi di esplosivo, ma nel corso della notte il timer si era inceppato.

Anche per questa inquietante analogia è partita l’indagine della Digos torinese, parallela a quella fiorentina, perché proprio nelle modalità di confezionamento si vedrebbe la mano della «scuola anarchica» torinese. Anche se, tra i documenti disponibili sui siti internet e tra le chat riconducibili all’area anarcoinsurrezionalista, non è difficile trovare schede dettagliate sulla costruzione di bombe, anche efficaci.

Ma c’è di più. Subito dopo l’esplosione di Firenze la locale questura ha effettuato diverse perquisizioni e accertamenti nelle sedi e nei luoghi frequentati dai gruppi anarchici toscani. Anche da questa ricognizione sarebbero arrivate conferme sulla presenza di soggetti arrivati da altre regioni d’Italia, in particolare alcuni torinesi avrebbero partecipato a manifestazioni anarchiche che hanno preceduto di alcuni giorni la notte di Capodanno.

Occorre però risalire all’eventuale strategia comune. Che è chiara per i fatti torinesi. Le Poste, come le agenzie di viaggi e le ditte in qualche modo collegate alla gestione dei rimpatri legati al Cie, rientrano in una strategia nota, legata al documento «I Cieli Bruciano» già conosciuta nell’indagine condotta dal pm Antonio Rinaudo, per cui la procura torinese ipotizza il reato di terrorismo. Il Bargello è la libreria di Casa Pound, formazione politica di estrema destra che sembrerebbe aver poco a che fare con la «macchina delle espulsioni». Anche a Torino Casapound però era finita da tempo nel mirino degli antagonisti. Proprio a dicembre scorso si era sfiorata la rissa in strada davanti all’Asso di Bastoni, un locale di San Salvario. Ma si tratta di episodi diversi. Di slogan e scritte sui muri, nessuna esplosione, nessuna bomba.

Per l’episodio di Firenze l’unica motivazione finora riscontrata esplorando internet è quella contenuta in un sito anarchico che fa riferimento a una sorta di vendetta contro Casa Pound per l’uccisione, nel dicembre 2011, di due ambulanti senegalesi ad opera di Gianluca Casseri, ritenuto vicino agli ambienti di estrema destra.

Comunque le indagini vanno avanti in collegamento stretto fra Firenze, Torino e Roma. C’erano anche i dirigenti della Digos torinese a Firenze quando gli investigatori che indagano sulla bomba esplosa a Capodanno davanti alla libreria il Bargello hanno iniziato a visionare i filmati che riprendono il momento esatto in cui l’esplosivo viene piazzato e quelli di una ventina di telecamere della zona. Gli investigatori torinesi, che hanno recepito una relazione dettagliata su quello che è accaduto a Firenze, hanno individuato in seguito alcuni momenti d’incontro importanti della rete anarchica italiana che hanno portato in Piemonte esponenti di altre regioni. C’è la grande fucina della valle di Susa dove la protesta No Tav raccoglie adesioni dell’area anarchica da tutta Italia, e ci sono riunioni, come quella che si è tenuta la scorsa primavera in un centro sociale a Torino, poco prima del ritrovamento di ordigni esplosivi davanti agli uffici postali di Bologna e Genova che potrebbero essere stata l’occasione giusta per contatti di questo tipo. E’ possibile dunque che chi ha confezionato l’ordigno toscano si sia recato di persona a Torino per imparare come fare.

Ci sembra che la strada imboccata dagli investigatori sia quella giusta, e speriamo che, oltre alle Digos, si instauri anche una fattiva collaborazione fra le due procure. Torino e Firenze sono due città delicate in tema di estremismo di sinistra. Chi è stato prefetto, fino al 2010, nelle due città, l’una dopo l’altra, lo sa bene, anche se ora la preoccupazione maggiore, anche a livello nazionale, giustamente sotto molti profili, sembra concentrarsi verso il terrorismo di matrice jihadista. Il ministro Alfano recentemente discettava solo su quello. La procura torinese è da tempo impegnata in inchieste, anche in campo No-Tav, contro l’eversione, mentre la procura fiorentina di recente si era concentrata su temi di appalti, reati della pubblica amministrazione, possibili presenze mafiose. A Firenze le indagini più importanti in tema di eversione di destra e di sinistra erano state condotte a suo tempo dalla pm Angela Pietroiusti, adesso in servizio quale sostituto procuratore generale alla corte d’Appello fiorentina. Ma sono sicuro che il procuratore della Repubblica di Firenze, Giuseppe Creazzo, insieme ai suoi sostituti, saprà indirizzare prontamente e correttamente le indagini, in collegamento coi colleghi torinesi, per venire a capo di quest’inquietante episodio. E per ricondurre nuovamente l’attenzione anche su questo filone, che sembrava quasi ‘in sonno’.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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