Pensioni, perequazione: anche la Corte dei Conti lombarda dà ragione ai pensionati
MILANO – Anche la Corte dei Conti della Lombardia ha modificato il proprio orientamento e non ha più dato partita vinta all’Inps sul tema del mancato adeguamento annuale del trattamento pensionistico. La Corte ha accolto le ragioni di un gruppo di quattro pensionati, che si sono visti sospendere il giudizio in attesa che si pronunci sul tema la Corte Costituzionale di fronte alla quale già pendevano 11 ordinanze (che ora diventano 15) di diversi Tribunali civili e sezioni regionali della Corte dei Conti.
A questo proposito una significativa dichiarazione di Franco Abruzzo (presidente UNPIT): «Queste 4 ordinanze sono una bomba a orologeria sulla testa del Governo e del Parlamento. Il dl 65 ha ridimensionato drasticamente la portata della sentenza 70/2015 della Consulta, violando gli articoli 3, 53, 36 e 38 della Costituzione. Il giudice delle leggi non ha limitato la rivalutazione alle fasce pensionistiche più basse, ma l’ha estesa a tutti i trattamenti pensionistici e anche a quelli di maggiore consistenza. Con la sentenza 275/2016 la Corte Costituzionale ha statuito che i diritti incomprimibili dei cittadini vengono prima del pareggio di bilancio (art. 81 Cost.). Tra questi diritti figurano anche quelli che tutelano la pensione nel tempo ex artt. 36 e 38 della Carta fondamentale della Repubblica».
Dunque un altro importante punto a favore dei pensionati contro il governo Renzi e l’Inps del presidente Boeri. Anche la Corte dei Conti della Lombardia ha modificato (dal 14 ottobre 2016) il proprio orientamento e non ha più dato ragione, come in passato, all’Inps sul tema del mancato adeguamento annuale del trattamento pensionistico. La Corte ha accolto le ragioni di un gruppo di quattro pensionati, che, – assistiti dall’avv. Lorenzo Camarda del Foro di Vicenza che ha presentato quattro distinti ricorsi, discussi con quattro diversi magistrati, nelle udienze del 14 ottobre, 25 ottobre, 24 novembre e 15 dicembre 2016 -, si sono visti sospendere il giudizio in attesa che si pronunci sul tema la Corte Costituzionale di fronte alla quale già pendevano 11 ordinanze (che ora diventano 15) di diversi Tribunali civili e sezioni regionali della Corte dei Conti.
In particolare la Corte dei Conti della Regione Lombardia (Giudizio n. 28565 – Udienza del 14.10.2016 – Camera di Consiglio del 2.12.2016 – Giudice Eugenio Musumeci-) ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del comma 25 dell’art. 24 del D.L. n. 201/2011 (convertito dalla legge n. 214/2011), quale novellato dall’art.1 del dl n. 65/2015 (convertito dalla legge n. 109/2015), e del comma 483 dell’art. 1 della legge n° 147/2013, in riferimento agli artt. 3 secondo comma, 36 primo comma e 38 secondo comma della Costituzione, disponendo l’immediata trasmissione degli atti del giudizio alla Corte Costituzionale. Si è in attesa, adesso, da un momento all’altro di formale deposito della ordinanza di rimessione alla Consulta. In questo momento si conosce il solo dispositivo.
Gli altri tre giudizi sono stati sospesi ed i tre giudici hanno emanato altrettante ordinanze cosiddette improprie, in attesa delle prossime decisioni della Consulta. Le tre ordinanze sono agganciate in particolare all’ordinanza della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna (ORD. NR. 27/16/C). Si tratta di un importante passo avanti, di un «sollevamento ragionato di dubbi di legittimità costituzionale, efficacemente argomentate dai ricorrenti» (il virgolettato riporta fedelmente quanto scrivono i Giudici), che sembra propedeutico al pronunciamento cui, a breve, sarà chiamata la Corte Costituzionale sul tema e praticamente sull’operato del Governo successivo alla sentenza n° 70 del 2015, sostanzialmente disattesa e non applicata come avrebbe dovuto essere.
Questa sentenza ha abrogato la legge Monti/Fornero che sancisce il blocco della rivalutazione automatica degli assegni pensionistici per gli anni 2012/2013. Il dl 65 del Governo Renzi ha escluso integralmente dalla rivalutazione le pensioni di importo superiore a sei volte (euro 2972,58) il trattamento minimo complessivo Inps. «Detta disciplina – aveva scritto la Corte dei Conti dell’Emilia Romagna – appare confliggere con il precetto della adeguatezza (art. 38, secondo comma, 36 e 3 Cost.) della prestazione pensionistica nel tempo. Nella ricostruzione del giudicato della Corte costituzionale (sentenza 70/2015) appaiono significativi taluni passaggi che, lungi dal limitare il decisum alle sole fasce (pensionistiche) più basse, garantendo a queste ultime l’integrale tutela dall’erosione indotta dalle dinamiche inflazionistiche, in più parti, si riferisce a tutti i trattamenti pensionistici, anche a quelli di maggiore consistenza».
Attendiamo adesso con maggiore fiducia il nuovo pronunciamento della Corte costituzionale.