Italicum: martedì 24 o mercoledì 25 gennaio la sentenza della Consulta, le prospettive
Dalle anticipazioni che escono sembra che per la Consulta sia in bilico il sistema di ballottaggio previsto dall’Italicum, quel sistema che tanto piace all’ex premier Renzi ma che, a detta di molti, premierebbe invece i grillini.
La Corte Costituzionale esaminerà martedì e mercoledì prossimi la legge elettorale varata sotto Renzi e il ballottaggio sembra non sia più un tabù. Soprattutto dopo la vittoria del No al referendum. Esaminare l’Italicum prima di quel passaggio sarebbe stato dirompente. Ora lo scenario è cambiato e anche i partiti stanno metabolizzando la prospettiva di doversi confrontare anche con l’ipotesi di proporzionale, quella preferita da Berlusconi.
Il ballottaggio assegnerebbe 340 seggi a chi prevale tra le due forze andate al secondo turno e farebbe virare l’Italicum verso il maggioritario. Se la Corte lo disconoscesse, il risultato sarebbe un proporzionale con sbarramento al 3% ma, se non fosse toccato, resterebbe premio di maggioranza per chi riesca nell’impresa di superare il 40%.
I giudici, però, dovranno valutare la questione sentenze e Costituzione alla mano. Una bussola sarà la sentenza con cui nel 2014 bocciarono il Porcellum, che giudicò distorsivo il premio di maggioranza perché non imponeva il raggiungimento di una soglia minima di voti e stoppò le liste bloccate perché l’elettore deve poter riconoscere e scegliere il candidato. Il principio cardine sancito fu che la governabilità va tutelata, senza comprimere la rappresentatività. Ne uscì il Consultellum, un proporzionale puro con soglie di sbarramento. Sull’Italicum, la Corte dovrà stabilire se siano legittimi il premio di maggioranza; i capilista bloccati; l’opzione per il capolista candidato in più collegi, di scegliere, in caso di vittoria plurima, in quale essere eletto.
Le azioni che hanno promosso il giudizio di fronte alla Corte, come noto, sono nate da un pool di avvocati, in testa Felice Besostri, già al centro della battaglia sul Porcellum, che hanno presentato ricorsi in mezza Italia. Cinque tribunali – Messina, Torino, Perugia, Genova e Trieste – hanno mandato gli atti alla Consulta che per il 24 e il 25 gennaio ha rinviato tutte le altre cause e si concentrerà sul dossier Italicum: segno che massimo a metà della prossima settimana la decisione arriverà. Relatore è il giudice Nicolò Zanon. L’avvocatura generale dello Stato chiederà l’inammissibilità perché l’Italicum non è mai stato utilizzato. In udienza ci saranno anche i legali anti-Italicum.
Poi i giudici si riuniranno in camera di consiglio. Ne uscirà una decisione comunicata in forma sintetica a cui seguiranno a febbraio le motivazioni, e solo dopo questa pubblicazione capiremo meglio la portata della sentenza.
Uno dei motivi sub judice è che la legge prevede che al secondo turno passino le due forze più votate indipendentemente dai voti presi. Quindi anche con risultati sul 20% si può andare a ballottaggio e ottenere la maggioranza assoluta dei seggi, sebbene il consenso reale alla base sia più limitato. Inoltre l’Italicum vale solo per la Camera; se il ballottaggio restasse, al Senato si voterebbe a turno unico, alla Camera a doppio turno. Un impianto disallineato: bicameralismo paritario e ballottaggio confliggono. La sentenza non lascerà vuoti normativi.
Ma le Camere sono chiamate a dare al Paese uno strumento elettorale ben funzionante. L’ipotesi che il ballottaggio venga superato sembra trovare argomenti forti tra i giudici, che reduci da una pesante divisione sull’art.18, non vogliono forse mostrare ulteriori, preoccupanti spaccature. E che, sotto la presidenza di Paolo Grossi e dopo la riorganizzazione conseguente al periodo renziano, sembrano più sensibili alle esigenze governative, come hanno dimostrato con le due ultime discutibili sentenze su art. 18 e contributi di solidarietà per le pensioni più alte.