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Fiorentina: con Sousa i Della Valle sfidano Firenze. Ma serve progetto Champions, nel rispetto della maglia

C’è chi ha strillato di un vertice notturno, dopo la partita con il Torino, masochisticamente pareggiata dalla Fiorentina. Vertice mai avvenuto. E’ vero invece che i Della Valle, Diego e Andrea, avendo capito che i tifosi vogliono una svolta capace di ridare un senso a una stagione naufragata nel peggiore dei modi, hanno deciso di confermare l’allenatore fino a giugno. Almeno ufficialmente. Un dispetto ai contestatori? Una prova di forza per far capire chi comanda? Una sfida a una città che si sta ribellando a una proprietà che in 14 anni non è riuscita a vincere nulla? Un modo per rispondere a chi critica aspramente (e con ragione) un calcio mercato asfittico, che non ha mai tenuto conto delle effettive necessità della squadra (tipo il terzino destro e l’esterno sinistro)?

CONFESSIONE – Diego Della Valle, rispondendo alle domande su temi di economia e industria, confessò che il calcio, e la Fiorentina, per lui erano un divertimento, uno svago. Abituato a misurare le parole in base ai sobbalzi della borsa, non valutò che si sono altri sobbalzi, non dettati dall’indice MIBTEL ma dal cuore e dalla passione: gli umori, sensibilissimi, del tifo. La tifoseria viola si sentì offesa. Il patron non può giocare con i sentimenti di chi stravede per la maglia viola, per il giglio, per una storia nata nel 1926, coronata da tante battaglie e da poche ma straordinarie vittorie. Da quel momento, Firenze cominciò a guardare alla grande famiglia arrivata dopo il fallimento di 14 anni fa con meno slancio e meno passione.

CORI – I cori di dissenso (Della Valle vattene, per vincere bisogna spendere) sono dovuti più alla mancanza di attaccamento mostrata dalla proprietà che dai trionfi mancati. I vecchi dirigenti degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta (Nello Baglini, Ugolino Ugolini, fino a Melloni e Martellini) non avevano la potenza finanziaria di Agnelli e Moratti, ma stravedevano per la Fiorentina. Federigo Ignesti (già concessionario Volkswagen di Firenze) brontolò quando dovette firmare assegni per contribuire all’acquisto di Antognoni, ma si commosse, a Verona vedendo il ragazzino biondo dominare il campo.

MAGLIA – Ecco, ai Della Valle, e soprattutto a Diego, il fratello con il portafoglio, è mancato finora lo slancio della passione, ossia il vero collante capace di affiancarlo ai ragazzi, e ai meno ragazzi, che affollano la Fiesole cantando per la maglia. Il gap si recupera ascoltando i tifosi. Non sfidandoli. Immaginate il clima, al Franchi, se la squadra, ora sgangherata come non mai, dovesse rimediare sconfitta e figuraccia anche domenica prossima, a Bergamo, con l’Atalanta. E venisse magari rimontata dal Cagliari in casa dopo essere stata di nuovo in vantaggio con i fatidici due gol di scarto. Partite invivibili, stadio forse deserto. Se i Della Valle, al di là degli annunci per lo stadio (a Firenze è sempre un problema mettere un mattone), sono davvero intenzionati a restare proprietari della Fiorentina, che comincino ad annunciare un nuovo progetto. Soprattutto in vista della stagione 2017-2018, quando l’Italia avrà a disposizione 4 posti in Champions. Bisogna ripartire con un altro allenatore. Salutando e ringraziando Sousa per il lavoro svolto. Così come avranno fatto, credo, con i dirigenti delle loro aziende che non hanno raggiunto gli obiettivi in termini di produzione e di vendite. Bracci di ferro e sfide non servono quando sono in gioco amore e passione. Perché alla fine della lotta, fra contestazioni e livori, si ritroverebbero tutti perdenti. Con la maglia viola vituperata e mortificata. Quella maglia che invece, anche chi non è nato e cresciuto sulle rive dell’Arno, deve meritare e rispettare.


Sandro Bennucci

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