Segreteria Pd: duro scontro fra i 3 candidati a tre giorni dalle primarie
ROMA – A 3 giorni dalle primarie si scalda la campagna per la guida del Pd. Dopo l’animato e acceso confronto tv, ad animare il dibattito sono state le parole di Matteo Renzi. «Con quelli che sono andati via dal Pd – ha detto il segretario uscente in una iniziativa a Pioltello (Milano) – è ovvio che noi non facciamo alleanze. Non perché hanno insultato me ma perché hanno tradito migliaia di militanti e simpatizzanti. La gente non capirebbe se ci rimettessimo insieme, capirebbe che è per tre poltrone in più». Parole che arrivano dopo Renzi non aveva escluso larghe intese con Forza Italia, precisando però che «lavorerò perché non ci sia il proporzionale», e dunque per evitarlo.
Le affermazioni di Renzi, però, non sono piaciute al ministro della Giustizia Andrea Orlando, che proprio sulla ricostituzione del centrosinistra basa la sua candidatura. «Quando e se si porrà questo tema io chiederò la convocazione di un referendum (nel popolo del centrosinistra, ndr) per chiedere se andare con Pisapia o con Berlusconi – ha annunciato a Repubblica tv -. Io tra Pisapia e Berlusconi scelgo Pisapia, se per questioni di rancore personale per Renzi non è così non credo sarà compreso dal nostro popolo». A Orlando, da Porta a porta, ha replicato ancora Renzi: «Una cosa è se si dice Pisapia, ma se si scrive Pisapia e si legge D’Alema è un’altra cosa. D’Alema ha brindato il giorno delle elezioni, ha rotto il Pd, ha fatto quello che ha fatto».
Durissimo contro Renzi è stato anche Michele Emiliano che denuncia la «sua incapacità politica» e giudica una «sciagura per il Pd, per la sinistra e per il Paese» la possibilità che venga confermato segretario. Il governatore pugliese ha quindi lanciato un appello con una lettera ai suoi sostenitori, affermando che «la nostra vittoria potrebbe essere più vicina di quanto noi tutti possiamo immaginare». In caso di sconfitta, però, «continueremo a essere scomodi, critici, insopportabilmente sinceri. Saremo la coscienza critica del Pd e dell’Italia e, se dovessimo essere chiamati a governarla, lo faremo a modo nostro, con imparzialità ed efficienza».
Ultimi fuochi di una campagna elettorale che però ha, fin qui, smosso poco gli animi dei democratici. E infatti l’affluenza è la grande incognita: ieri Renzi ha messo le mani avanti, dicendo che le primarie sarebbero un successo se i votanti fossero più di un milione. Per Orlando, invece, se non venisse raggiunta la soglia dei due milioni la consultazione sarebbe un flop, rispetto ai 2,18 milioni del 2013. Numeri (presunti) su cui già si inizia a giocare la partita del dopo congresso.