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Bini Smaghi: la Commissione d’inchiesta sulle banche rischia un gran polverone

Bini Smaghi

ROMA – Con l’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare sulle banche «si rischia di fare un gran polverone per scoprire che alcuni manager hanno gestito male le banche. Questo lo sappiamo già». Per il banchiere Lorenzo Bini Smaghi, intervistato da Lucia Annunziata a In 1/2 ora, è questo il rischio che si potrebbe creare con l’arrivo di una indagine parlamentare. «C”è già un’autorità di vigilanza, che è la Banca d”Italia, che dirà: ci hanno rifiutato una serie di poteri, come quella di valutare la competenza dei membri di un Cda. Finora Bankitalia non aveva il potere di censurare le persone, una serie di poteri che avrebbe dovuto avere e gli sono stati negati».

Bini Smaghi ha invece ricordato che Societè Generale, che è sotto la sorveglianza della Bce, ora che deve nominare due diversi membri del Cda, ha dovuto ottenere la sua valutazione.

Bini Smaghi ha affrontato il tema delle banche da molti punti di vista. Ricordando anche la vicenda di Chianti Banca, che guidava fino a pochi giorni fa e per la quale l’assemblea dei soci ha scelto la lista concorrente. «Voglio dire che Chianti Banca è sana – ha detto – ci sono stato un anno ed è stata fatta pulizia, non è come le venete o il caso Etruria». Il cambio ai vertici – ha poi aggiunto – «è un po’ la vittoria del conservatorismo. La banca è in piedi, deve solo stare attenta nei prossimi mesi. Io rimango socio. C’è stata una bella battaglia e forse è stato scelto di dare l’incarico a persone che stanno più vicine. Sono cose che fanno parte della vita democratica di questo sistema cooperativo». Sembra di capire che il banchiere dopo due settimane si sia rassegnato alla sconfitta, i soci non contenti hanno voluto cambiare, anche se lui continua a lodare la sua gestione. ma allora perché la denuncia alla procura?

Una chiamata di responsabilità per i soci è invece stata fatta da Bini Smaghi per le vicende degli altri istituti, coinvolti nei recenti bail in. «Gli azionisti di UniCredit dopo una serie di andamenti negativi del titolo, hanno cambiato management e affidato la guida a persone nuove, che hanno affrontato il mercato e rifinanziato l’istituto con 13 miliardi. Nel caso famoso di Banca Etruria la Banca d’Italia ha fatto i rilievi e i soci hanno mantenuto lo stesso management. Poi sono stati multati, e i soci hanno confermato gli stessi management. Spesso non vogliamo cambiare finché non sbattiamo la testa contro il muro e non ci accorgiamo che tutta una serie di segnali che arrivano». Tra i nodi c’è anche un «meccanismo perverso di favoritismi: il management eletto deve fare piacere per essere riconfermato tre anni dopo». E l’interessamento della politica? «Il problema di queste banche (popolari. ndr) è che hanno tanti soci. E c’è l’idea della politica che se ti metti contro tante persone, queste poi non ti votano».

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