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Vitalizi parlamentari: ricalcolo col sistema contributivo, la proposta a fine maggio alla camera

Dal sito pensionioggi.it traiamo un interessante articolo sulla discussione in atto in Parlamento per la modifica del regime dei vitalizi, anche quelli passati, che dovrebbero essere ricalcolati col sistema contributivo. Dovrebbe infatti arrivare a fine maggio in Aula alla Camera la proposta di legge Ac 3225 a prima firma di Matteo Richetti in materia di revisione dei vitalizi per i politici. Dopo un lungo tira e molla durato oltre un anno la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha calendarizzato in Aula l’esame del DDL per il prossimo 31 Maggio.

L’obiettivo dei promotori è, pur con diverse sfumature e sensibilità, introdurre un’ancora più marcata equiparazione delle prestazioni erogate ai componenti delle Assemblee Elettive ai trattamenti corrisposti alla generalità dei lavoratori e l’adozione delle regole previdenziali comuni con l’attribuzione di una sola pensione, calcolata con metodo contributivo e gestita dall’Istituto nazionale della previdenza sociale. Un passo in tal senso, in realtà, è stato già avviato con la riforma dei Regolamenti interni delle Camere del 2012 che ha in sostanza abolito l’assegno vitalizio di deputati e di senatori sostituendolo con una pensione di tipo puramente contributivo ma solo dal 1° gennaio 2012.

Tecnicamente la proposta è imperniata sulla volontà di trasferire all’Inps la gestione dei trattamenti pensionistici con l’istituzione di una apposita gestione a contabilità separata competente per la ricezione dei contributi e la liquidazione degli stessi trattamenti (attualmente l’erogazione dei trattamenti è effettuata direttamente dalle Camere o dalle Regioni). L’erogazione del trattamento pensionistico viene consentita a condizione che l’interessato abbia compiuto 65 anni e abbia almeno 4 anni sei mesi ed un giorno di mandato, e l’importo della pensione sarà determinato con il sistema contributivo.

La pensione non potrà essere erogata mai prima dei 65 anni travolgendo eventuali norme più favorevoli previste a livello regionale o nazionale (sia in Senato che alla Camera, attualmente, per ogni anno di mandato parlamentare ulteriore, l’età richiesta per il conseguimento del diritto è diminuita di un anno, con il limite all’età di 60 anni).

Il trasferimento all’Inps della posizione assicurativa dovrebbe inoltre sancire la fine delle svariate e frastagliate normative regionali (spesso privilegiate) in materia di prestazioni ai superstiti, perequazione, ed altri trattamenti vari facendo in modo che il lavoro dei titolari di posizioni elettive (parlamentari o regionali che siano) sia trattato, da un punto di vista previdenziale, come quello prestato da un normale dipendente pubblico. Basti pensare che in alcune regioni è ancora consentito la riscossione in via anticipata del vitalizio con importi che spesso raggiungono svariate centinaia di migliaia di euro o la concessione di pensioni ai superstiti in misura nettamente superiore a quanto potrebbe accadere nel normale sistema gestito dall’Inps (che prevede delle riduzioni in funzione del reddito del superstite).

Il ricalcolo dei vitalizi
Punto centrale della proposta in discussione, che prende il nome dal parlamentare Pd Matteo Richetti è, comunque, quella del ricalcolo in chiave contributiva dei vitalizi dei parlamentari che già sono cessati dal servizio, oltre un migliaio tra pensioni dirette ed indirette, per le quali le Camere dovranno, entro sei mesi dall’approvazione del DDL, procedere al ricalcolo dei trattamenti previdenziali già corrisposti. E a cui anche le Regioni dovranno adeguarsi.

Un passaggio che peraltro presenta seri dubbi di costituzionalità dato che la Suprema Corte ha più volte bocciato interventi punitivi sui trattamenti già in godimento. Su questo fronte, pertanto, si dovrà trovare una soluzione che regga da un punto di vista giuridico. Ma già le associazioni dei parlamentari in quiescenza hanno preannunciato battaglie legali e ricorsi. Governo e Parlamento non avranno dunque vita facile.

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