Firenze: Gestione Verdini ex Ccf fu «imprudente quanto ambiziosa». Questa la motivazione della condanna a 9 anni
FIRENZE – Nella sentenza di condanna a 9 anni di Denis Verdini per il crac della banca, i giudici del tribunale di Firenze hanno scritto che la sua gestione dell’ex Credito Cooperativo fiorentino, di cui per vent’anni fu presidente, fu «Imprudente quanto ambiziosa».
Secondo i giudici, la gestione «imprudente quanto ambiziosa», è stata «seguita dalla consapevolezza maturata dapprima dal senatore Verdini e, subito dopo, quanto meno a partire dal settembre 2008 anche dal management, di un imminente disastro ormai inevitabile e reso poi palese dall’ispezione della Banca d’Italia del 2010».
E ancora: «Anche dopo la percezione della fortissima crisi del gruppo Fusi Bartolomei, Ccf aveva continuato a
sostenere i due imprenditori, nella piena consapevolezza della precarietà della loro situazione». Lo affermano i giudici del Tribunale di Firenze nelle motivazioni della sentenza sul crac dell’ex Credito cooperativo fiorentino, per il quale, il 2 marzo scorso, hanno condannato a nove anni di reclusione il senatore di Ala Denis Verdini, presidente per vent’anni della banca, e, tra gli altri, a cinque anni e sei mesi gli imprenditori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei.
«Le vicende relative agli imprenditori Fusi e Bartolomei e del Ccf (ma per certi aspetti si deve precisare tra i due imprenditori e il senatore Verdini) – scrivono i giudici – vengono a interferire reciprocamente». Secondo i giudici, era chiaro anche all’interno della banca che la Btp di Fusi e Bartolomei fosse «un gruppo, ma si era deciso di tenere separate le posizioni ed era stata una scelta, non una sottovalutazione. L’intero management e il collegio sindacale erano perfettamente a conoscenza della situazione – sottolineano i giudici – non solo in termini astratti ma specifici e concreti». I finanziamenti concessi alla Btp sono state operazioni «rischiose e viziate da una scelta ostinata, consapevole e testarda, al punto che, quando le banche più importanti li abbandonarono, pretendendo la sostituzione del management e degli organi di controllo del gruppo Fusi-Bartolomei, per Ccf si aprirono le porte dell’inferno».