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Contributo di solidarietà: abolito quello sui redditi superiori a 300.000 euro

Matteo Renzi con il suo successore, Paolo Gentiloni

Le contraddizioni e le discrasie dell’azione politica di questi ultimi anni sono confermate clamorosamente dai fatti. Abbiamo ampiamente riportato le intenzioni del Presidente Inps Tito Boeri che vuole colpire pesantemente a tutti i costi i pensionati che lui considera ricchi e privilegiati, le cosiddette pensioni d’oro, superiori a 5.000 euro lordi al mese. Ebbene mentre il bocconiano presidente persegue questa sua politica personale (seguita da Giordano, Meloni, una parte della sinistra estrema) viene fuori una notizia che lascia basiti e che dimostra quanto il governo Renzi e le sue appendici, come il governo Gentiloni, siano strettamente legati al mondo della finanza e della grande industria.

Si prevede infatti che non venga rinnovato il contributo di solidarietà per i redditi al di sopra dei 300.000 euro (quindi si trattava di imposta generale, non di salasso a carico dei soli pensionati). Era stato introdotto dal governo Berlusconi nella torrida estate del 2011, mentre si scatenava la tempesta sul debito pubblico italiano.

Il contributo di solidarietà a carico dei redditi al di sopra dei 300 mila voleva avere anche una valenza simbolica rispetto ai sacrifici richiesti alla generalità degli italiani (che divennero ancora più gravosi con il successivo esecutivo guidato da Mario Monti). Fu poi confermato per un triennio dal governo Letta a fine 2013. Ora in assenza di proroghe questo particolare tributo viene meno e non sarà applicato più a partire dall’anno d’imposta 2017: ciò vuol dire che viene pagato per l’ultima volta in questa stagione di dichiarazione dei redditi dai titolari di reddito d’impresa e da lavoro autonomo, mentre i lavoratori dipendenti dovrebbero aver ottemperato per l’ultima volta al loro obbligo già con il conguaglio di fine 2016.

Il contributo era fissato al 3 per cento della parte di reddito che eccede la soglia dei 300 mila euro. In realtà però l’importo prelevato era pari a poco più della metà di questa percentuale, perché la legge aveva previsto che il contributo fosse deducibile ai fini dell’Irpef e delle addizionali locali. Inoltre erano escluse dal prelievo le quote di reddito già sottoposta ai contributi di solidarietà sulle pensioni in vigore negli scorsi anni. Sommando algebricamente tutti questi effetti, la Ragioneria generale dello Stato aveva quantificato in circa 150 milioni l’anno il sacrificio complessivo a questa platea di contribuenti. Una platea piuttosto esigua visto che in base alle statistiche sulle dichiarazioni dei redditi relative all’anno d’imposta 2015 ne facevano parte solo 34 mila persone.

Lo stesso ragionamento, al di là della incostituzionalità patente del provvedimento, vale anche per il contributo di solidarietà sulle pensioni alte chiesto insistentemente da Boeri, che peraltro non sembra sentir ragione. E continua a propalare la sua stanca e infondata cantilena.

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