Fisco: dalla rottamazione un tesoretto di circa 2 miliardi, utile per la manovra di autunno
ROMA – Un tesoretto che vale all’incirca due miliardi. E’ la dote che dovrebbe arrivare dalla rottamazione delle cartelle che, al giro di boa della scadenza della prima rata, avrebbe fatto registrare numeri che vanno ben oltre i risultati attesi dal governo. Le risorse aggiuntive che entreranno nelle casse dello Stato potranno così essere utilizzate dall’esecutivo per finanziare qualche misura della prossima manovra, a partire dal taglio del cuneo fiscale per i giovani neoassunti.
Si tratta di un successo che supererebbe di gran lunga il gettito atteso dalla definizione agevolata dei debito col fisco, fissata in totale a 7,2 miliardi da raccogliere per il 70% nel 2017 e per il restante 30% nel 2018. La maggior parte dei contribuenti che hanno aderito – è circolata la cifra di 800 mila ma mancano ancora i dati ufficiali – avrebbe infatti scelto di pagare a rate i propri debiti, che si suddividono, per chi ha indicato il massimo possibile, in 3 scadenze quest’anno e 2 il prossimo. Proprio su questo punto il governo sta riflettendo sull’opportunità di fare slittare al 2018 una delle tre rate previste quest”anno, per poter portare per intero l’extragettito sul budget 2018.
Fonti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione precisano però che i dati relativi alla definizione agevolata pubblicati in questi giorni e in queste ore sono da ritenersi dunque mere ipotesi non avvalorate da alcun riscontro.
Una decisione sarà presa più avanti e conti definitivi alla mano, e sempre considerando che chi ha iniziato a pagare continui a saldare regolarmente le rate. Possibile anche che, in seconda battuta, si valuti una riapertura dei termini per chi non è riuscito a pagare la prima o unica rata. Certo, si tratterebbe di coperture una tantum che non piacciono in Europa. Ma sarebbero comunque risorse utili per la composizione della prossima manovra. Il primo impegno che l”esecutivo deve rispettare con la legge di Bilancio resta quello della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia. Per evitare aumenti di Iva e accise, al netto degli effetti della manovrina di aprile e dello sconto accordato da Bruxelles, servono ancora circa 9-10 miliardi. Altri 2-3 miliardi sono necessari per finanziare le spese indifferibili, almeno 1,2 miliardi mancano all’appello per garantire gli 85 euro medi di aumento previsti dal rinnovo del contratto del pubblico impiego.
Il governo starebbe poi valutando l’opportunità di rimpinguare la dote per il reddito di inclusione, al via dal prossimo anno, con un altro miliardo e mezzo. Risorse serviranno poi per rafforzare il pacchetto pro-ripresa, dalla probabile conferma del maxiammortamento al 250% per il digitale, al credito di imposta, alla riduzione del costo del lavoro per favorire l’assunzione dei giovani cui si dovrebbe aggiungere un credito d’imposta per la formazione a supporto delle professioni a rischio, annunciato dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Sul fronte del costo del lavoro una delle ipotesi, confermata anche dal viceministro all’Economia Enrico Morando, è di partire con un dimezzamento dei contributi per i primi 2-3 anni per i neoassunti giovani, seguito da un taglio strutturale del cuneo fino a 4 punti e mezzo. La scelta dipenderà dalle risorse a disposizione (si va da una stima minima di 900 milioni a un massimo di 2 miliardi) e dalla platea che si vorrà coinvolgere, se gli under 29 o gli under 35.