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Errori e imprecisioni dell’Inps: la Cassazione stabilisce che l’ìstituto deve risarcire

Tito-Boeri

Questa volta ho voluto elaborare una lente di carattere più pratico, mettendo in luce – sulla base di quanto ha deciso la Corte di Cassazione – quali sono i risarcimenti che gli interessati possono acquisire, per via giudiziaria, a seguito di errori dell’Istituto presieduto dal bocconiano economista, prof. Tito Boeri, nemico giurato dei pensionati, soprattutto se d’oro (in pratica le pensioni superiori ai 3.000 euro lordi mensili, a suo giudizio insindacabile). Invece di sproloquiare a destra e a manca su riforme pensionistiche, la cui decisione spetta ai politici, non ai tecnici come lui, farebbe meglio a preoccuparsi della gestione del suo istituto e delle falle che ogni tanto emergono. Eccone una, macroscopica, censurata dalla suprema Corte.

Lo riferisce il sito PMI.it. Se l’INPS fornisce a un assicurato un’informazione inesatta sul periodo che manca alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia deve poi risarcire il danno che eventualmente ne deriva. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23050/2017 che dà ragione a un lavoratore che aveva sottoscritto un accordo di rinuncia a impugnare il licenziamento, dopo il quale era stato messo in mobilità, nella convinzione che il periodo di ammortizzatori sociali fosse sufficiente a fargli maturare la pensione di vecchiaia. Questo sulla base di comunicazione scritta da parte dell’INPS in merito alla situazione contributiva utile al pensionamento. Contrariamente a quanto l’INPS aveva comunicato, i 18 mesi di mobilità non erano sufficienti ad agganciare il requisito per la pensione.

Dunque la Cassazione, decidendo sul ricorso del lavoratore che si trovava nella situazione citata, ha statuito che, se un ente previdenziale, che ha personalità giuridica di diritto privato, comunica a un proprio assicurato «un’informazione erronea in ordine all’avvenuta maturazione del requisito contributivo occorrente per poter fruire della pensione di vecchiaia», ha l’obbligo di risarcire il danno che ne deriva. La responsabilità dell’INPS, in questo caso, è fondata «sull’inadempimento dell’obbligo legale gravante su enti pubblici dotati di poteri di indagine e certificazione, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede, di non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi al conseguimento di beni essenziali della vita, fornendo informazioni errate o anche dichiaratamente approssimative, pur se contenute in documenti privi di valore certificativo».

Ne tengano dunque conto tutti coloro che si trovano in condizioni simili. Attraverso ricorsi giudiziari possono ricevere il ristoro dovuto, per riparare a torti subiti dall’istituto previdenziale.

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