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Elezioni e politica, la confusione regna sovrana a sei mesi dalle urne

Sergio Mattarella

Lo strappo della nomina del governatore di Bankitalia ha reso evidente, nonostante le non credibili (non è certo una novità) dichiarazioni contrarie di Renzi, la situazione ormai inconciliabile fra quest’ultimo, il governo, buona parte della sinistra e, fattore fondamentale, il Capo dello Stato che non ha certo apprezzato le ultime iniziative politiche e le dichiarazioni del rottamatore. Il centrodestra fa storia a sé in quanto alcuni (alfaniani e verdiniani) fanno di fatto parte dell’area di governo, mentre Fdi e Lega cercano un posto di rilievo nella compagine, sforzandosi di contrastare il rinnovato slancio di supremazia di Silvio Berlusconi. Restano i grillini, ma non è certo su di loro che si può far affidamento per un governo stabile.

In questo quadro piuttosto complicato erano rimaste due personalità che potevano garantire equilibrio, due vecchi democristiani di lungo corso come Gentiloni e Mattarella. Mentre Gentiloni è impelagato nella gestione degli ultimi adempimenti di una contrastata e improduttiva legislatura, il Presidente Mattarella si accinge, in silenzio e con moderazione, come suo costume, a governare la difficile fase preelettorale.

Il capo dello Stato già fin d’ora ha posto in chiaro la sua posizione sulla legge elettorale
facendo sapere, seppur indirettamente, che non gli piace ma che sarà firmata (anzi è un dovere firmarla, se costituzionale). Già quando, prima dell’estate, Matteo Renzi spingeva per andare al voto anticipato a fine settembre, aprendo la prima crepa personale con il presidente, Sergio Mattarella tenne la barra dritta facendo sapere che c’erano ancora due priorità da portare a casa prima delle urne: la legge elettorale e la manovra.

Oggi il pur criticato Rosatellum è stato messo in cascina, anche se le proiezioni indicano che alla fine, dopo le elezioni, con quel sistema sarà molto difficile che esca una maggioranza forte e stabile. Ma dagli ambienti del Quirinale si fa sapere che la nuova legge è meglio di niente.

Il presidente si trova per la prima volta sotto un fuoco incrociato. Da una parte le opposizioni che chiedono continuamente un suo intervento contro le forzature e le fiducie a raffica della maggioranza, dall’altra il Pd renziano che è intervenuto a gamba tesa per rimuovere il Governatore della Banca d”Italia, senza riuscirci. Punto, quest’ultimo, su cui il presidente ha tenuto duro rivendicando le sue prerogative e quelle del Governo. Così, in attesa di ricevere la lettera del Consiglio dei ministri che conferma Ignazio Visco a Bankitalia – voluto anche da Mattarella sempre in nome di una realpolitik preoccupata di non vanificare la ripresina economica – già si pensa alla legge di Stabilità.

Con non poca preoccupazione perché le frizioni fra renziani e Mdp stanno riaprendo pericolose fibrillazioni. Il test delle elezioni siciliane potrebbe fornire spunti dirompenti a quella parte del Pd e di ex Pd che mirano a far fuori Renzi e il suo giglio magico, in realtà un po’ appassito. In caso di sconfitta probabilmente le colpe ricadranno sul segretario, che vedrà così indebolita la sua leadership. Vedremo quel che accadrà, intanto andiamo avanti con Gentiloni, ma per il dopo ombre fosche si addensano sul futuro dell’Italia. Un altro governo tecnico o del presidente sarebbe mal digerito dagli italiani. E non sembra che ci sia all’orizzonte l’uomo della provvidenza, quelli che si erano presentati o erano stati definiti tali hanno finora fatto cilecca.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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