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Battisti: la bella vita in Brasile protetto da magistrati e autorità. Uno scandalo senza fine

Cananeia

CANANEIA (Brasile) – La vicenda di Cesare Battisti, condannato per omicidio in Italia e latitante da decenni grazie alla complicità della sinistra internazionale in Francia e in Brasile (si sono distinti l’ex première dame Carla Bruni e l’ex Presidente brasiliano Lula) diventa sempre più insultante per il nostro paese, i nostri governi e i parenti delle vittime che attendono giustizia. Il corrispondente de La Stampa, Emiliano Guanella, ci racconta che il terrorista latitante si dà alla bella vita fra grigliate, birra e spedizioni di pesca nel suo buen retiro di Cananeia. Ecco le sue parole:

«Non è un posto affascinante come la Bahia di Jorge Amado, non ha il realismo magico della Macondo di García Márquez, ma per il romanziere in fuga Cesare Battisti Cananeia è diventato ormai il «buen retiro», lontano dai curiosi e, soprattutto, dalle galere patrie. Punta meridionale dello Stato di San Paolo, l’aria è da fine del mondo anche a causa della stancante strada che attraversando la Serra do Cafezal ti porta in quest’isola lunga e stretta, sospesa nel tempo.

Lunghe spiagge e un’ottima pesca protetta da una riserva ambientale, d’estate è meta di un turismo a basso costo, famiglie in cerca di tranquillità, molte seconde case e relax assicurato. Battisti l’ha scoperta nel 2013 e ora vive nella casa di una coppia di professori di San Paolo che guidano il gruppo in suo appoggio in Brasile. Un rifugio ideale per lo scrittore in cerca d’ispirazione e per il latitante che non vuole essere disturbato.

Due mesi fa, quando è stato fermato sulla frontiera della Bolivia con l’accusa di esportazione illegale di valuta, gli è stato posto l’obbligo di residenza fissa e lui non ci ha pensato due volte a fissarla a Cananeia. Qui si è sposato nel 2015 con la carioca Joice Lima. Un centinaio di invitati, buffet in piedi al campeggio Casa Verde. «Lo conoscevo da poco – spiega l’artigiano Amir Oliveira – e mi ha sorpreso quando è venuto a casa mia per darmi l’invito. È stata una bella festa, molto divertente». Amir lo frequenta spesso. «Cesare è una brava persona, qui non ha mai dato problemi. Le ultime vicende lo hanno abbattuto, non si fa vedere molto in giro». Di quel matrimonio, oggi, è rimasto poco, Joice non si fa vedere da queste parti, molti pensano sia stata, in realtà, un’unione di facciata.

Quando vado a bussare a casa sua esce l’amico Paulo, occhi assonnati e aria stanca. Nel cortile spicca la bandiera della squadra del Corinthians, di cui è tifoso anche l’ex presidente Lula, del materiale da costruzione, qualche lattina di birra lasciata per terra dalla sera prima. «Cesare è andato a Campo Grande per mettersi la cavigliera elettronica (la versione brasiliana del nostro braccialetto). Un giorno di autobus, l’aereo era troppo caro». Battisti, in ogni caso, non parla con la stampa italiana, inutile insistere. Ma a parlare di lui sono praticamente tutti, a Cananeia. Lo si vede passeggiare in bermuda e infradito, la sera si ferma al Bar do Miguel, sotto casa. Il cameriere lo difende: «Voi insistete, ma lui ha tutto il diritto di non parlarvi se non vuole, no?». Esce quasi sempre da solo, quando vengono gli amici a visitarlo organizza un churrasco, la grigliata di carne, sul terrazzo di casa. Nei ristoranti chiede ostriche, qui ci sono le migliori del Brasile e a prezzi molto contenuti. Domingo Soto è un cileno emigrato da 30 anni a Cananeia, dove gestisce un negozietto d’artigianato e souvenir. Battisti ci ha portato le due figlie francesi, che sono venute a trovarlo recentemente. Ogni tanto è con il figlio Raul, di cinque anni, che vive a Sao Jose do Rio Preto con la madre Priscila Pereira.

«Non parliamo del suo passato – spiega Soto – a lui non va. Mi ha spiegato che l’arresto in Bolivia è stata colpa di un traditore, una spia che ha detto alla polizia che lui stava scappando, cosa non vera». Quando gli chiedo come mai, pur vivendo in un paradiso della pesca, uno si fa quasi 2.000 chilometri per andare a pescare in Bolivia, Domingo alza le spalle: «Forse aveva voglia di pescare in acqua dolce; non è la stessa cosa del mare». Nathan Arcanjo, dirige il giornale locale, «Noticias de Cananeia». «All’inizio – spiega – la gente pensava che la sua presenza sarebbe potuta essere una bella pubblicità per la città. Qualcuno, invece, era infastidito. Oggi nessuno ci fa molto caso. Lui dice che è molto felice a Cananeia, che gli piacerebbe passare qui il resto dei suoi giorni».

L’ex terrorista ha deciso di costruire una villetta nel quartiere residenziale di Carejo. Ci stanno lavorando due muratori tutto fare, vogliono finirla entro aprile; sala, cucina, una lavanderia, due camere da letto, un bagno, sul fondo qualche metro di giardino, ma non c’è posto per la piscina. Joao Batista Xavier, detto “Bagunça”, è contento con il “patrao”. «Paga in anticipo, passa di qui per vedere come vanno i lavori, non si lamenta mai». Ironia della sorte, l’ingegnere titolare del progetto di cognome fa Andreotti. Battisti vorrebbe fare il volontario nella biblioteca comunale; la richiesta, per ora, non è stata accolta. Il sindaco Alex Rosa, un avvocato di 29 anni, preferisce non parlare troppo di lui. «Il nome di Cananeia è diventato famoso, ma a noi lui non crea nessun problema». In un festival letterario nella vicina Iguape, Battisti ha confessato che si è appassionato delle vicende del dottor Cosme Fernandes, un ebreo convertito condannato all’esilio dalla Corona portoghese e mandato ad esplorare il Nuovo Mondo. Fernandes scoprì Cananeia già nel 1502, prima della conquista portoghese di Alvaro Cabral, riuscì a farsi amico degli indios accumulando una discreta fortuna con il commercio di schiavi e il contrabbando. Da Lisbona arrivò l’ordine di ucciderlo, ma Fernandes si alleò con gli spagnoli e diede filo da torcere ai lusitani. L’esilio, l’amicizia con la gente del posto, una patria che ti vuole riavere, ma che non ci riesce mai; una storia che non può che piacere al romanziere latitante, in fuga da 30 anni».

Una sconfitta per la legalità, per il nostro Governo, che da decenni non riesce a recuperare il latitante condannato per omicidio, per il presidente Napolitano, che in passato si è speso inutilmente per ottenerne l’estradizione, e, da ultimo, del ministro degli esteri Angiolino Alfano, che ai tanti insuccessi della sua azione aggiunge anche questo, pesante. In Sudamerica sono stati scoperti e recuperati diversi criminali di guerra nazisti, ma per i latitanti di sinistra l’ospitalità e l’impunità evidentemente è sempre assicurata. Una vergogna che grida vendetta.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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