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Sputnik-1: sessant’anni fa si chiuse la prima avventura nello Spazio. Poi la corsa verso la luna

Lo Sputnik-1, lanciato dall’Unione Sovietica nel 1957. Si disintegrò al rientro nell’atmosfera terrestre il 4 gennaio 1958

FIRENZE – Era gennaio del 1958 e facevo la terza elementare. Tornando a scuola dopo le vacanze di Natale, il mio maestro, Ivo Butini (che poi diventò un famoso uomo politico, consigliere regionale, senatore e viceministro) parlò in classe della fine dell’esperimento dello Sputnik-1, primo satellite artificiale a orbitare intorno alla Terra. Che bruciò nell’impatto con l’atmosfera durante il suo rientro – esattamente il 4 gennaio 1958 – dopo aver percorso quasi 70 milioni di chilometri. La sua avventura era iniziata il 4 ottobre 1957 dalla base sovietica di Baikonur: il lancio inaugurò di fatto la corsa allo spazio dell’Unione Sovietica e la sfida con gli Stati Uniti, pronti a replicare il 31 gennaio 1958 con l’immissione in orbita del loro primo satellite, l’Explorer-1. Poi fu la volta dei lanci dell’uomo nello spazio (prima ancora l’Urss, con Yuri Gagarin) e quindi verso la luna: primi stavolta gli americani (1969) attraverso la mitica passeggiata di Neil Armstrong e Buz Aldrin. Con Michael Collins rimasto in orbita lunare, pilotando il modulo di comando che riportò gli astronauti a casa. La missione terminò il 24 luglio ’69, con l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico.

Ma torniamo all’apripista, lo Sputnik: il cui nome significa compagno di viaggio, satellite. Era una piccola sfera lucida di metallo, dal diametro di 58 centimetri, realizzata in una lega di alluminio e dotata di quattro lunghe antenne orientate nella stessa direzione. Al suo interno custodiva degli strumenti scientifici, ovvero due radiotrasmettitori della potenza di un Watt, che funzionavano su due frequenze diverse ed emettevano entrambi segnali della durata di 0,3 secondi, separati da pause della stessa durata. L’analisi dei radiosegnali premetteva di studiare la densità dello strato più alto dell’atmosfera, la ionosfera: i bip emessi stupirono i radioamatori, che continuarono ad ascoltarli per giorni e giorni, mentre gli astronomi osservavano il satellite brillare nel cielo con una luminosità simile a quella di Giove. Furono 22 giorni memorabili, fino a quando, il 26 ottobre 1957, le batterie dello Sputnik si esaurirono. L’atto finale si consumò, come detto, il 4 gennaio 1958, quando il satellite lasciò la sua orbita per poi tuffarsi nell’atmosfera terrestre. E finire bruciato. Mentre, in classe, eravamo tutti lì, con gli occhi spalancati e la testa per aria, o meglio nello spazio, ad ascoltare il maestro – futuro senatore – che spiegava. E cercava di rispondere alle domande, comprese quelle sui marziani o sui mostri spaziali. Che nei sessant’anni seguenti non ho mai visto. Se non … sulla Terra.


Sandro Bennucci

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