Pubblico impiego: aumenti elettorali rinviati per oltre due milioni di dipendenti. Il Governo non riesce nel miracolo
E così, dopo 9 anni, Forze di polizia, di sicurezza e militari hanno avuto un aumento, ridotto, ma finalmente un aumento. Guarda caso in vista delle elezioni. Che Renzi abbia pensato di rifare il colpaccio degli 80 euro rifilando a questi importanti comparti una media di poco più di 180 euro di aumento? Il Governo sta brigando per estendere le elargizioni a tutti gli oltre 3 milioni di pubblici impiegati, ma il tempo stringe. Probabilmente solo gli statali avranno il cumquibus in busta entro febbraio, giusto il tempo per andare alle urne il 4 marzo con le tasche piene (si fa per dire…).
Ricapitolando, giovedì notte è stato siglato l’accordo negoziale riguardante le Forze armate, di sicurezza e di polizia. «Un risultato importante. Si tratta di aumenti a regime non una tantum: si va da 125 euro circa al mese per le forze armate e 132 per la polizia. A questo si aggiungono gli arretrati che arriveranno non appena i tempi tecnici lo permetteranno: circa 556 euro per la polizia e 517 per le Forze armate», ha detto il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia, in conferenza stampa a Palazzo Chigi insieme con i colleghi Marco Mdinniti (Interni), Roberta Pinotti (Difesa), Andrea Orlando (Giustizia), Pier Paolo Baretta (sottosegretario all’Economia) e AngeloRughetti (sottosegretario con la delega dal governo alla trattativa). Uno squadrone degno di miglior impiego, ma nel periodo elettorale tutto si fa.
Sono 45o.000 i lavoratori del comparto sicurezza e difesa della Pa che da ieri hanno un nuovo contratto, però (purtroppo per Renzi e per il Governo) ci sono ancora i dipendenti di scuola (1,2 milioni di dipendenti), sanità ed enti locali che aspettano da anni un aumento in busta paga. Ma la Madia ha rassicurato tutti dicendo che stanno lavorando e che «ci sono le condizioni per rinnovare il contratto a tutti i 3.300.000 dipendenti pubblici. Le intenzioni elettoralisticamente mirate sono confermate dal sottosegretario Rughetti: «dopo lo sblocco del tetto salariale, quello del turnover e le assunzioni straordinarie di personale, gli investimenti sul riordino delle carriere che ha previsto la stabilizzazione degli 80 euro, il governo, dopo lo stanziamento dei 15o milioni di euro per la specificità di poliziotti e militari, ha riavviato la stagione dei rinnovi contrattuali». Già il segretario regionale della Ugl-fsp polizia di Stato, Mauro Amelao, che rappresenta una categoria in teoria già soddisfatta, afferma: «tanti sacrifici e risorse inadeguate. Un contratto vergognoso perché si parla di un 3,48% di aumento quando il costo della vita da otto anni a questa parte è aumentato almeno del 4o%. Contestiamo questo bullismo istituzionale».
L’impegno governativo si è fatto frenetico a ridosso della campagna elettorale, come dimostra anche il rinnovo del contratto degli statali approvato dal governo lo scorso 19 gennaio ma ancora all’esame della Corte dei conti, che probabilmente riuscirà a dare l’ok in tempo utile per far trovare gli arretrati relativi a due anni e due mesi (dai 37o euro ai 712 per una media di 492 euro) nella busta paga di febbraio a circa 270.000 dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici come Inps, Aci e Cnel. Giusto pochi giorni prima del voto. Lo scatto di 85 euro lordi a regime, infatti, lo vedranno da marzo.
Critici alcuni sindacati, mentre quelli dei vigili del fuoco, degli enti locali e della scuola stanno facendo fuoco e fiamme perché per loro, all’orizzonte immediato, non c’è una lira, tutto rimandato a dopo le elezioni, e di questo gli oltre due milioni di dipendenti in attesa si ricorderanno andando alle urne. Non è ancora certo, infatti, se beneficeranno dell’accelerata elettorale i 35.000 vigili del fuoco italiani. Ci sono trattative in corso per un rinnovo contrattuale che prevede un aumento di 85 euro oltre agli arretrati del triennio 2016/2018 e l’assegno di «specificità», uno scatto legato all’anzianità e all’inquadramento per il quale servono 87 milioni. Cjifre che in tempi elettorali potrebbero anche saltar fuori, salvo lasciare la pesante eredità al futuro governo. Ma ci siamo abituati, è una prassi costante sia a destra, sia soprattutto a sinistra.