Elezioni: gli ultimi sondaggi confermano, impossibile una maggioranza dopo il voto
Venerdì 16 febbraio è stato l’ultimo giorno utile per pubblicare sondaggi sull’esito delle elezioni, poi è calato il silenzio su questo tipo d’informazione. Vediamo dunque quali sono le prospettive secondo i principali istituti che compiono le rilevazioni.
Una prima conferma ci viene dai risultati di tutte le indagini, che concordano sul fatto che il 5 marzo l”Italia potrebbe ritrovarsi senza una maggioranza politica in grado di formare un governo. Risulta infatti che i risultati previsti non assegnerebbero a nessuna forza, nè ad alcuna coalizione, l’autosufficienza, che si otterrebbe con il superamento del 40%: necessario per far scattare il premio di maggioranza. Secondo il sondaggio realizzato da Ipsos per il Corriere della Sera, al Centrosinistra andrebbero il 27,9%% dei consensi, al centrodestra il 35,6%, M5S si fermerebbe al 28,6%, e gli indecisi ammonterebbero a ben il 33,8%.
Numeri non molto diversi quelli di Swg, secondo la quale il Centrodestra si attesterebbe tra 34,2 e 36,2%, il Centrosinistra tra 27,6 e 29,6%, M5S tra 27,3 e 29,3.
Demos per Repubblica assegna al centrodestra circa il 35 per cento, al Movimento 5 Stelle il 27,8 per cento, al centrosinistra il 25 per cento circa. Vede un ulteriore calo del Pd e il centrodestra fermo al 35%. Pd e Lega in discesa per Ixe, rispettivamente al 21,5% e al 10,8% mentre sale Forza Italia, al 18% era al 17,3% la scorsa settimana.
Secondo l’Istituto Piepoli, per la Stampa, la coalizione di centrodestra sarebbe al 37 per cento, quella di centrosinistra al 29,3 per cento (con il PD al 24,5 per cento) e il Movimento 5 Stelle al 27 per cento.
Quanto alla fiducia nei leader politici, secondo l”ultimo sondaggio Ixe per Huffpost, in testa Gentiloni, con il 35% (in crescita e questo non fa certo piacere a Renzi), seguito dalla Bonino (32%, in crescita) e Di Maio (28%, in diminuzione), Salvini al 25%, Berlusconi, Renzi e Meloni attestati al 24%.
Cinque anni fa i sondaggi pubblicati l’8 febbraio del 2013, prima che scattasse il divieto, davano in netto vantaggio lo schieramento di centrosinistra guidato da Pierluigi Bersani, stimato tra il 32,8% e il 37,2% dai diversi Istituti di sondaggi e da tutti considerato la coalizione vincente. Si fermò due settimane dopo al 29,5%: pur risultando lo schieramento più votato era apparso nettamente più forte di quanto non fosse davvero. Il centrodestra era stimato tra il 27,8 e il 32% e arrivò al 29,1 dando sostanzialmente ragione alla statistica dei sondaggi. La coalizione centrista guidata da Mario Monti avrebbe dovuto raccogliere tra un minimo del 10 e un massimo del 16% dei voti e si fermò proprio sulla soglia più bassa, con il 10,5% dei consensi.
Tutti gli istituti di ricerca avevano notato la continua ascesa nelle intenzioni di voto degli italiani, settimana dopo settimana, del Movimento 5Stelle. Alcune rilevazioni si erano spinte negli ultimi sondaggi pubblici a indicare che i 5Stelle avrebbero potuto raccogliere il 18,8% dei voti, mentre quelle più prudenti gli assegnavano solo il 13%. Le elezioni videro i 5Stelle arrivare al 25,5%.
Cosa accadrà dunque il 5 marzo se per tutte le forze politiche la maggioranza resta un miraggio? Ad oggi Pd e Forza Italia escludono la possibilità di fare un governo di larghe intese, ma difficilmente un esponente politico in campagna elettorale parlerebbe in modo diverso; del resto anche in Germania Martin Schulz aveva ripetuto che non avrebbe mai fatto governi di grande coalizione con la Merkel e poi si è visto come è andata.
Al capo dello Stato, il 5 marzo, il non facile compito di assicurare un governo al Paese, valutando tutte le possibilità, in base all’esito delle urne, prima di decidere la strada da imboccare. Mattarella finora ha svolto un ruolo prudente, distaccato, da vero arbitro, a differenza di Scalfaro e Napolitano che entravano pesantemente in campo per indirizzare la scelta verso l’uno o l’altro schieramento per la formazione del Governo. Le previsioni non sono positive, in quanto sembrano prevalere incertezza dell’esito del voto, collegata alla persistente sfiducia dei cittadini nella classe politica. E a questo non sarà tanto facile ovviare.