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Tecalitlan: rapimento dei tre italiani, quattro poliziotti rinviati a giudizio, un anno di carcere preventivo

Messico

ROMA – Venduti a una banda di criminali per pochi euro. Potrebbe essere arrivato a un punto di svolta il caso dei tre italiani Raffaele Russo, suo figlio Antonio e il
nipote Vincenzo Cimmino, scomparsi in Messico quasi un mese fa. Quattro poliziotti di Tecalitlan, la località dello stato di Jalisco dove i tre connazionali – tutti di Napoli – sono spariti il 31 gennaio scorso, sono stati arrestati per averli “consegnati” a un”organizzazione criminale. Già rinviati a giudizio, per loro è scattato un anno di carcere preventivo.
Gli agenti hanno confessato ma non hanno rivelato il nome della banda alla quale gli italiani sono stati dati né a quale prezzo. La zona di Jalisco è nota per i rapimenti lampo, specie di stranieri, ad opera di bande vicine ai narcotrafficanti in cambio di denaro. Secondo la famiglia dei tre napoletani, i loro cari sarebbero stati venduti dai poliziotti che li avevano bloccati per 43 euro. 14 euro a persona, denunciano i parenti, che da giorni vivono nell’angoscia e oggi hanno rivolto
un appello al governo italiano a muoversi.

La Farnesina ha confermato l”arresto dei quattro poliziotti – tre uomini e una donna – e ribadito di seguire il caso con la massima attenzione attraverso l’ambasciata d’Italia in Messico, che lavora in stretto raccordo con le autorità locali. Il punto essenziale da capire ora è a chi siano stati venduti i tre italiani e dove si trovino in questo momento. A Jalisco, ma anche negli stati di Michoacan e Colima, proseguono serrate le ricerche con l”uso di unità cinofile. La procura locale, che quattro giorni fa ha ricevuto il responsabile italiano dell’Interpol, punta sulla ”Jalisco Nueva Generacion”, una banda che controlla alcune aree della zona e con cui i tre italiani potrebbero essere entrati in contatto.

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