Ferrovie dello Stato: scarsa manutenzione all’origine dei disagi recenti dei viaggiatori. Ma si pensa soprattutto alla finanza e all’Alta velocità
Le disfunzioni registrate nel trasporto ferroviario hanno messo a nudo le carenze organizzative delle Ferrovie dello Stato. La finalità di privilegiare l’obiettivo di quotare le Frecce in Borsa, sfumato ad un passo dal traguardo per i dubbi del Tesoro, ha probabilmente messo in secondo piano il grave problema dei pendolari, vera emergenza mai risolta, e dell’attrezzatura delle linee, che regolarmente, a ogni nevicata più intensa e a ogni ghiacciata, o gelicidio come dicono i tecnici dell’Ente, vanno in tilt lasciando a piedi o per strada migliaia di viaggiatori.
Le ferrovie vantano il boom dei profitti nel bilancio relativo all’esercizio 2016, chiuso con un utile netto di 772 milioni, in aumento del 66% sul 2015. Ci si è occupati soprattutto del potenziamento delle linee Alta velocità e delle Grandi stazioni, in un’ottica di gestione sempre più privatistica sebbene con l’ombrello aperto dello Stato. Ma così facendo probabilmente sono passati in secondo piano altri aspetti importanti della gestione complessiva, anche la fondamentale questione delle manutenzioni, come ha ricordato più volte l’Agenzia nazionale sulla sicurezza ferroviaria, dopo qualche recente incidente che ha causato morti.
Il Messaggero ha dedicato un articolo a questo tema specifico, proprio in relazione al disastro della Stazione Termini, bloccata per sette ore. I sindacalisti accusano, Andrea Pelle, segretario dell’Orsa Ferrovie dichiara: «Soprattutto da ultimo si è pensato troppo alla crescita patrimoniale e poco alle manutenzioni. Non è un’opinione, sono i fatti di queste ultime settimane che lo provano». Basti dire che, allo scopo di tagliare i costi, gli addetti al buon mantenimento degli impianti sono stati ridotti di oltre 3 mila unità, 800 solo nel Lazio.
Si domanda retoricamente Pelle: «Quanti di questi tagli hanno contribuito ad aggravare la paralisi della più importante stazione del Paese?». E conclude pungente: «Annunciare un piano da 100 milioni per acquistare scaldiglie, come ha fatto Mazzoncini, appare grottesco, un’autentica operazione elettorale, forse ad agosto annunceranno un piano da 100 milioni per acquistare ventilatori per raffreddare le rotaie». Sulla stessa linea Claudio Tarlazzi, numero uno della Uil Trasporti: «Mettere in sicurezza il sistema anti-ghiaccio a Roma, coprendo tutti i 300 scambi, sarebbe costato un’inezia rispetto agli utili da 180 milioni di Rfi».
L’Agenzia nazionale sulla sicurezza ferroviaria ha puntato il dito più volte, come accennato, sulla carenza di manutenzione, minacciando «pesanti sanzioni se non si cambia rapidamente registro». Parole chiare, indirizzate ai vertici di Fs e della controllata Rete ferroviaria italiana.
Dopo il caos di Termini per una nevicata di dieci centimetri Mazzoncini ha chiesto scusa ai viaggiatori. Gesto commendevole, ma sarebbe meglio correre ai ripari dopo aver riconosciuto il fallimento nell’affrontare l’emergenza. Lo ha implicitamente richiesto il ministro Delrio, anche se non ha voluto calcare troppo la mano sulle responsabilità di Mazzoncini, manager ritenuto vicino a Matteo Renzi. Resta il fatto che, dopo le elezioni il nuovo governo, se Mattarella riuscirà nella difficile impresa di vararne uno stabile, dovrà affrontare il serio problema delle Società che gestiscono servizi quali ferrovie e strade e autostrade, che non possono fallire nel momento in cui è necessario intervenire per non causare agli utenti, e all’economia nazionale, disagi e danni gravissimi come quelli registrati negli ultimi giorni. Pensino certo alle gestioni dell’alta finanza, ma porgano maggiore attenzione alla sicurezza degli utenti.