Firenze: l’omelia del Cardinale Giuseppe Betori nella Veglia di Pasqua
FIRENZE – Ecco il testo dell’omelia pronunciata nella Veglia di Pasqua dal nostro Cardinale, S. Em. Giuseppe Betori. Nella cerimonia sono stati battezzati tre adulti e due bambini.
«Parole e segni nella grande Veglia pasquale si incrociano tra loro, mostrando come le due dimensioni fondamentali dell’esistenza – la natura e la storia – siano toccate dal progetto di salvezza che il Padre compie per l’umanità nel suo Figlio unigenito.
Le letture della parola di Dio ci hanno accompagnato nella storia dell’umanità dalle origini del mondo, attraverso le vicende del popolo che Dio scelse perché fosse suo testimone tra le nazioni, fino al mattino di Pasqua quando, «al levare del sole», nel sepolcro vuoto, risuona l’annuncioche cambia la storia: «Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui» (Mc 16,6). Tutta la storia umana si riassume in questo momento e si apre a un futuro nuovo, dove la morte, il nemico inesorabile dell’uomo, può essere sconfitta dalla vita. La storia del mondo, quella di ciascuno di noi, è attraversata e illuminata dalla risurrezione di Gesù. Per questo, nell’annuncio pasquale, abbiamo cantato: «Gioisca la terra inondata da così grande splendore; la luce del re eterno ha vinto le tenebre del mondo».
Questo cammino della storia riposa a sua volta sulla trama della condizione naturale del mondo e dell’uomo. Gli elementi costitutivi della natura sono mostrati in questa notte come il fondamento su cui Dio ha intessuto la sua presenza di salvezza tra noi e come ciò che questa salvezza trasfigura e rigenera nell’orizzonte del disegno della creazione e della redenzione, a immagine cioè del Figlio stesso di Dio. Terra e aria, acqua e fuoco, luce e tenebre ci sono proposti come l’alfabeto simbolico che mostra come la salvezza non è qualcosa che accade accanto alla nostra vita, ma si innesta in essa, trasformandola nei suoi caratteri costitutivi.
Abbiamo cominciato la Veglia attorno a un fuoco nuovo, per noi scaturito dalle pietre del Santo Sepolcro, che conserviamo gelosamente come un dono unico fatto alla nostra città, da cui essa, come vedremo domani, trae il suo splendore. Questo fuoco – mediante il «frutto del lavoro delle api», come ha cantato l’annuncio pasquale, evocando il concorso anche del mondo animale al disegno divino –, questo fuoco si è trasformatoin fiamma, la fiamma del cero, la luce di Cristo che ha illuminato progressivamente le tenebre in cui eravamo immersi, a rivelare la forza del Risorto, capace di sconfiggere ogni buio, ogni incomprensione, ogni oscurità e opacità che rendono confusa la nostra vita, per orientarla a lui, «l’uomo perfetto» (Ef, 4,13), realizzazione piena di come il Padre ci ha voluti nel dono della creazione. Ricordiamo ancora le parole dell’annuncio pasquale: «Questa è la notte in cui hai vinto le tenebre del peccato… O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore».
Non meno significativo è il rinvio che nella pagina evangelica troviamo alla pietra del sepolcro: la terra ha sì custodito il corpo del crocifisso, ma al terzo giorno è stata, per così dire, squarciata dal suo potere di vita, aprendosi a mostrarne l’esistenza gloriosa e convocando i testimoni all’annuncio della risurrezione. Il suono di questa testimonianza attraversa l’aria, che si fa tramite della comunicazione della verità del Vangelo. Ma aria è anche il soffio creatore, con cui Dio ha dato origine all’umanità, e che riappare, come sorgente di una nuova creazione, nel soffio dello Spirito che, dopo aver animato la vita di Gesù, ora, tramite lui risorto, si appresta ad animare con i suoi doni la vita dei discepoli, quanti sono pronti a lasciarsi guidare dalla sua grazia e dalla sua continua novità di vita.
Questo mistero vive nel segno dell’acqua che, dopo essersi aperta per fare spazio alla strada della libertà per il popolo eletto, è stata assunta da Cristo e dalla Chiesa quale strumento con cui veniamo rigenerati alla vita di figli di Dio. Accadrà tra poco, in questa notte, per alcuni nostri fratelli e sorelle, qui e in tante chiese della nostra diocesi, uomini e donne giunti alla fede in Cristo attraverso un percorso di ricerca della verità e della bellezza e di conversione al giusto e al bene. È il battesimo che ci unisce alla vita stessa di Cristo e ci fa partecipi della sua vittoria sulle tenebre del peccato e della morte.
Questa luce deve risplendere nella vita dei battezzati per essere traccia di orientamento per l’umanità tutta, come servizio esigente alla verità. Un servizio reso possibile dalla forza dello Spirito significata nell’olio del sacro Crisma, con cui i battezzati vengono unti, a significare la dignità della vita dei figli di Dio e a conformare la loro esistenza a quella di Cristo su cui lo Spirito riposa.
L’intreccio di dimensioni storiche e naturali sta a dire come la salvezza cristiana non si offra a noi come un complemento, magari accessorio e marginale, alla vita, ma la permei tutta. La risurrezione di Gesù, come evento che riguarda la materialità del suo corpo e che si colloca nella continuità storica di una vicenda umana, apre ai suoi discepoli l’orizzonte di un modo nuovo di guardare alla vita e di lasciarla permeare della novità di Cristo. La lotta tra la luce e le tenebre non appartiene a una sfera altra rispetto a questo mondo, non ha un significato solo simbolico o addirittura mitologico, ma ha a che fare con questa terra, perché il Risorto è vivo tra noi, e l’efficacia della sua presenza si manifesta nelle forme nuove e buone che il mondo assume quando si lascia permeare dal suo amore tramite i nostri gesti di amore.
La forza della risurrezione entra nelle concrete condizioni della storia, soprattutto nelle condizioni di sofferenza, non negandone l’evidenza, ma orientandola verso un oltre che è la vita stessa di Dio, che fin d’ora opera in chi l’accoglie e la fa diventare un germe di trasformazione del mondo mediante l’amore. Solo questa luce è capace di riscattare dal non senso le situazioni di angoscia e di dolore.
La lotta tra la morte e la vita ha già avuto un vincitore e questo è il fondamento della speranza che ci sorregge nel tempo dell’attesa della sua definitiva manifestazione. «Non abbiate paura!» ripete anche a noi l’angelo (Mc 16,6): Il crocifisso è risorto, e in lui e con lui si apre una strada di rinascita per tutte le croci del mondo. E la sua strada è quella dell’amore.»
Giuseppe card. Betori Arcivescovo di Firenze