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Fondi strutturali europei: riforma 2020, l’Italia rischia di perdere 40 miliardi

Ue

Come avevamo già segnalato è partito in salita il confronto tra i 27 sul bilancio pluriennale dell’Unione per il post-Brexit. I leader dei Paesi Ue hanno iniziato un confronto che si annuncia più complesso di quanto sia avvenuto in precedenza, dal cui esito dipende per l’Italia mantenere o meno oltre 40 miliardi di fondi strutturali.
La Brexit causerà un ”buco” da 10-15 miliardi l’anno e dal 2021 in poi per fare fronte alle nuove sfide – migrazioni, difesa, sicurezza – senza intaccare le politiche di coesione e i fondi destinati all’agricoltura sarà indispensabile accrescere i contributi nazionali e/o trovare nuove risorse comuni se le risorse del bilancio non aumenteranno, per affrontare le nuove sfide scatteranno tagli che metteranno a rischio anche i 40 miliardi di cui ora beneficia l’Italia.

Il vero confronto tra Paesi scatterà comunque solo dopo che la Commissione Ue presenterà a maggio le sue proposte, e a tal fine giovedì 12 aprile, a Bruxelles, si tiene il Consiglio Affari generali Coesione. In quell’occasione il ministro italiano Claudio De Vincenti ribadirà la posizione italiana molto critica verso alcune ipotesi di riforma che si inserirebbero nel Quadro finanziario pluriennale post 2020. Tesi, va detto, condivise con la Conferenza delle Regioni, l’Anci, il Comitato delle Regioni europeo e con i parlamentari europei.

Per l’attuale esecutivo, «alla coesione, nonostante la Brexit, vanno garantite risorse consistenti, adeguate a coinvolgere tutte le Regioni europee, perché in tutte vi sono aree a ritardo di sviluppo, seppur in misura naturalmente differenziata».

L’Italia è favorevole a rinnovare anche per il post 2020 il sistema delle condizionalità ex ante in termini di riforme che devono essere soddisfatte in anticipo, appunto, per poter utilizzare i fondi. Ma soprattutto il ministro insisterà sul fatto che «è ora di introdurre una condizionalità generale legata al rispetto della solidarietà intraeuropea in materia di gestione dei flussi migratori: il bilancio europeo è espressione della solidarietà tra gli Stati membri, non può essere utilizzato da chi si sottrae agli obblighi di solidarietà».

Ad ottobre l’Italia definì la sua posizione. Nel documento si sottolineavano sette ambiti sui quali concentrare fondi strutturali e fondi di investimenti europei nella Ue post 2020: innovazione/competitività; infrastrutture digitali, energetiche e di trasporto; mitigazione dei cambiamenti climatici; contrasto alla disoccupazione; lotta alla povertà e all’esclusione sociale; istruzione e formazione; miglioramento del contesto istituzionale. Giovedì si proverà a tirare le fila, e ad introdurre il tema cruciale del sostegno a chi sopporta il peso maggiore dell’accoglienza agli immigrati. L’Italia, o almeno l’attuale governo, ritiene che ci sia un ampio supporto alle proprie posizioni, come dimostra l’appoggio del Comitato delle Regioni europeo, ma l’obiettivo ovviamente è portare su questa convergenza anche le scelte finali della Commissione.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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