Pensioni doppie o triple, vitalizi e loro cumulo, esplosione di prestazioni assistenziali. Qui deve intervenire la politica
Prendiamo ispirazione da un documentato e interessante articolo di GUGLIELMO GANDINO, riportato sul sito di Franco Abruzzo – portavoce del Movimento Informazione e Libertà -, per fare una cernita dei privilegi che ancora sussistono in campo previdenziale, oltre all’abusato tema dei vitalizi.
Dopo il naufragio della proposta di legge Richetti (PD) sull’abolizione dei vitalizi nella scorsa legislatura, adesso scende in campo il M5S, dopo l’insediamento di Roberto Fico a Presidente della Camera dei Deputati. Si parta pure da questi, ma se davvero si vuole dichiarare guerra ai privilegi resterebbero tante altre misure da abolire o quanto meno da aggiustare. Prendiamo in esame l’analisi fatta proprio da Gandino.
Cominciamo dalla Legge Mosca, la n.252/1974, che regalò decenni di contributi figurativi a carico dello Stato a migliaia di politici e sindacalisti. L’INPS li conosce tutti, e se si vuol procedere contro i vitalizi rivedendoli col ricalcolo contributivo, la stessa operazione dovrebbe essere estesa anche a questi.
Il D.Lgs. Treu n. 564/1996 basò il calcolo della pensione di migliaia di sindacalisti sullo stipendio degli ultimi mesi, anche uno soltanto. Così bastava essere distaccati, farsi triplicare lo stipendio dal sindacato per pochi mesi e andare in quiescenza con una pensione ben più alta dei contributi versati dall’interessato. Si tratta di migliaia di trattamenti.
Ci sono poi le doppie pensioni dei parlamentari. Logica vuole che un dirigente o un giornalista che venga eletto in Parlamento, vada in aspettativa e versi i contributi soltanto per l’attività di parlamentare. Non è così. Grazie ad una distorta interpretazione dell’articolo 31 dello Statuto dei Lavoratori, i parlamentari possono continuare a versare la loro quota di contributi alla Cassa di provenienza, e la quota spettante al datore di lavoro (di norma i 2/3), essendo loro in aspettativa, resta a carico della Cassa Previdenziale interessata (INPS, INPGI, ecc.). E naturalmente continuano ad avere diritto in parallelo anche al vitalizio da parlamentare.
E infine molti soggetti passati attraverso più incarichi politici e non, hanno cumulato più vitalizi. Se uno è stato parlamentare italiano, e poi europeo, ed è stato magistrato, e magari anche sindaco o consigliere regionale, oggi ha diritto a cumulare legittimamente più vitalizi e pensioni. C’è qualcuno di buona volontà (ricordo il Presidente Ciampi) che ha rinunciato spontaneamente al cumulo, optando per il vitalizio più alto, ma ciò è lasciato al senso di responsabilità individuale.
Vedremo se il cosiddetto nuovo corso politico, che finora ha offerto uno spettacolo squallido, facendo impallidire l’era renziana, riuscirà a intervenire efficacemente in proposito.
Ricordiamo infine, per l’ennesima volta, che non è la spesa previdenziale che costituisce il problema, ma quella assistenziale. Parlano i numeri: la spesa previdenziale (basata sui contributi) è in sostanziale pareggio mentre il costo dell’assistenza veleggia ormai verso i 110 miliardi l’anno e rappresenta il 65% della spesa pensionistica pura (al netto delle imposte trattenute alla fonte). D’altra parte su 16 milioni di pensionati oltre 8 milioni sono pensionati assistiti, che non hanno mai o quasi mai versato contributi (e molto probabilmente neppure mai o quasi mai versato imposte).
Ma alcuni politici (Giorgia Meloni), giornalisti (Mario Giordano) e dirigenti (il bocconiano presidente Inps Tito Boeri) non trovano di meglio che scagliarsi contro i pensionati d’oro, che hanno pagato per decenni contributi e tasse altissime.