Pensioni e tasse: Cottarelli, costoso abolire la legge Fornero e difficile introdurre la flat tax
MILANO – Uno dei punti di contatto fra grillini e lega, nell’approccio che sembra tramontato per la formazione del futuro governo, era quello della proposta di abolizione o sostanziale modifica delle riforma Fornero.
Sul punto torna l’ex commissario alla spending Review, Carlo Cottarelli, il quale da sempre sostiene che l’intervento è possibile ma assai costoso. Si parte da «qualche miliardo per salire a 10-15 miliardi con punte di 1,5 punti di Pil. Nell’intero periodo in termini cumulati sono 20 punti percentuali di Pil. Per un paese già con debito al 130% non è una cosa da niente». Così Carlo Cottarelli, ex direttore esecutivo del Fondo monetario e per due anni (2013-2014) commissario per la revisione della spesa pubblica in Italia.
In un’intervista all’Ansa l’economista, che oggi dirige il nuovo Osservatorio sui conti pubblici messo in piedi all’Università Cattolica di Milano, dopo aver indicato una maggior spesa per previdenza, spiega come cancellando le norme del 2011 non si risolverebbe tra l’altro il problema dell’età di pensionamento agganciata all’aspettativa di vita, meccanismo introdotto «da una delle riforme Berlusconi».
Cottarelli affronta poi il tema della flat tax. Di certo – spiega – semplifica il sistema. Ma è un po’ meno progressiva e ha bisogno di coperture certe. Secondo l’economista «si può fare se si trovano coperture» che non siano «incerte» visto che «anche eliminando le detrazioni, a seconda di dov’è l’aliquota rimane un buco tra i 30 e i 40 miliardi». E non regge l’ipotesi che la misura si autofinanzi: «Se si guardano le esperienze degli altri paesi, nella maggior parte dei casi non c’è stato un aumento delle entrate» con l’unica «vera eccezione della Bulgaria». In altri casi c’erano infatti motivazioni specifiche. In Russia, ad esempio, l’intervento è stato in concomitanza con il «boom petrolifero e a un inasprimento dei controlli».
E non sarebbe neppure utile per creare più posti di lavoro. Infatti «La cosa migliore – dice – è ridurre la tassazione», non con incentivi temporanei ma con «una detassazione stabile» e generalizzata, non focalizzata solo su alcune categorie. L’altro passaggio fondamentale nel medio periodo «è ridurre il debito». Non bisogna dimenticare che «noi subiamo ancora oggi le conseguenze non della stretta fiscale del 2012 ma di quello che l’ha resa obbligatoria, cioè il fatto che non riuscivamo più a prendere a prestito dai mercati.
Vedremo quali saranno le intenzioni del nuovo governo, ma temiamo che, vista la situazione di stallo, per un intervento rilevante su questi temi dovremo aspettare una nuova legge elettorale e nuove elezioni. Sempre in attesa del prudente Mattarella.