Aferpi: il piano di Jindal illustrato al Ministero, il giudizio dei sindacati
ROMA – Incontro al Mise, oggi, tra il gruppo Jindal e Rsu e Sindacati di Aferpi, ex Lucchini, di Piombino alla presenza del Sindaco, dell’Autorità portuale e della Regione Toscana nel corso del quale Jindal ha presentato le linee guida del piano industriale che dovrà essere perfezionato dopo il closing per il subentro a Cevital nel controllo della società.
Jindal intende, secondo quanto illustrato ai sindacati , riavviare la produzione di acciaio con investimenti importanti di costruzione di due forni elettrici e di riavvio delle linee di laminazione. Il piano si estende su un periodo di 4 anni e prevederebbe di occupare circa 800 dipendenti diretti. Nei prossimi giorni si terrà un incontro della cabina di regia sull”accordo di programma per l’aggiornamento sulle opere di infrastrutturazione dell’area industriale e portuale.
Le acciaierie di Piombino apriranno i cancelli a 435 lavoratori già nella seconda metà di quest”anno, si passerebbe poi a 705 nel 2020 per raggiungere quota 1.500 a regime, nel 2022, con i forni elettrici in funzione. La tabella di marcia messa a punto dagli indiani di Jindal per Aferpi non scontenta sindacati e Regione, che mirano a far colare di nuovo l’acciaio in città. Cosa che sarebbe assicurata dalla riattivazione dell’area a caldo dello stabilimento, ma resta da capire come assorbire tutta l”occupazione, che oggi conta quasi duemila unità, e come gestire un progetto che coprendo cinque anni richiederà un massiccio ricorso agli ammortizzatori.
D’altra parte siamo ancora alle battute iniziali. Il polo siderurgico è passato nelle mani di Jindal, che l’ha rilevato
dagli algerini di Cevital per 90 milioni, giusto la settimana scorsa. Quello presentato dal gruppo indiano nel corso del
tavolo al ministero dello Sviluppo economico non è infatti il vero piano industriale ma solo le sue linee guida. Seguiranno a stretto giro altri incontri, anche con il ministero del Lavoro per ottenere la cassa integrazione.
Si punta a far tornare al lavoro subito, e non nel 2019, circa 200 persone da impiegare nelle operazioni di demolizione (ci sono aree da smantellare). Non convincere soprattutto la data, indicata tra 18 mesi, per
la presentazione del progetto che riguarda i forni elettrici, il cuore dello stabilimento. Sindacati ed enti locali chiedono in coro di anticiparla, almeno per la metà del prossimo anno.
Anche i mesi contano. Guardando agli ammortizzatori sociali, nel 2021 ce ne sarebbero da coprire tre di cassa a rotazione, al momento non alimentati.
A denunciare il “buco” è Mirco Rota della Fiom, che non nasconde come “teoricamente una parte, seppure piccola” della forza lavoro attuale rischi l’esubero. La Fim con Fausto Fagioli, non esclude il pericolo ma fa notare che da qui al 2022 ci saranno circa 60 pensionamenti l’anno. Quanto agli investimenti Guglielmo Gambardella della Uilm spiega: “siamo rimasti con 19 milioni, che vanno bene all’inizio ma non sono certo sufficienti per portare a compimento tutto il progetto. Per l’operazione complessiva sarebbe necessario, stima, circa un miliardo, soprattutto se si fanno tre forni e un nuovo treno di laminati.
Comunque delle tre sigle arrivano parole rassicuranti, da “condividiamo le linee guida” a “ci sono tutte le premesse”. Ora gli occhi sono puntati sulla versione finale del piano che dovrebbe essere pronta per la prima decade di giugno. E dovrebbe spuntare anche il nuovo brand dell”impianto, che, raccontano i sindacati, potrebbe tornare al vecchio nome, acciaierie ”Lucchini”.