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Omicidio stradale: giudice di Torino solleva dubbi di incostituzionalità

TORINO – La legge sull’omicidio stradale finisce sul banco degli imputati. Ci sono dubbi di legittimità in almeno un paio di passaggi: trattamento sanzionatorio troppo severo, automatismi che nell’ordinamento italiano non dovrebbero esistere. Un giudice del tribunale di Torino, sesta sezione penale, ha deciso di chiedere alla Corte Costituzionale di sciogliere i nodi. E ha sospeso un processo per un caso di lesioni.
Il 22 aprile 2016, a Moncalieri (Torino), una automobilista aveva investito un’anziana signora che stava attraversando e che, rimasta ferita, ne aveva avuto per sessanta giorni. Nel capo d’accusa, la stessa Procura della Repubblica ha preso atto che c’era un concorso di colpa: entrambe si sono mosse in un momento in cui il semaforo era acceso sul rosso in tutte le direzioni.
I cosiddetti reati da incidenti stradali sono entrati nel codice con la legge 41 del 2016. Carcere fino a diciotto anni
(per la morte di più persone) e arresto obbligatorio in flagranza per chi causa una tragedia sotto l’effetto di droga o
alcol sono state solo alcune delle novità. Ma tra le pieghe della norma, secondo il giudice, si nascondono delle
improprietà. Si parla innanzitutto dell’articolo 590 bis sulle lesioni personali stradali gravi.

Il problema – spiega il difensore dell’automobilista – è che a differenza delle altre fattispecie di reato non è permesso un bilanciamento fra circostanze attenuanti e aggravanti. Significa che, se c’è un concorso di colpa, il calcolo parte da un minimo di nove mesi di reclusione, mentre se si seguisse la regola generale si dovrebbe partire da 45 giorni.
Comprendo la severità, ma questo è arbitrario, sproporzionato, irragionevole. Le pene aumentano fino a 12 volte persino se la percentuale di responsabilità dell”imputato è bassissima.
Il secondo punto riguarda una sanzione amministrativa: la revoca della patente. Con il corollario che bisogna aspettare almeno cinque anni per chiedere di rifare l’esame di guida. E’ previsto che il provvedimento scatti dopo
qualsiasi condanna, e addirittura in caso di patteggiamento, qualunque sia la gravità della condotta e dell’infrazione. Il giudice non ha il potere di intervenire con gradualità. E’ un automatismo. Ma il nostro ordinamento rifugge dagli
automatismi. Questa la spiegazione dell’avvocato.

Una questione analoga di legittimità era già stata sollevata da un gip del tribunale di Roma nel maggio del 2017.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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