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Firenze: al Teatro del Maggio debutta «Il Prigioniero» di Luigi Dallapiccola

Uno scatto dalle prove de «Il prigioniero»

FIRENZE – Terza opera in cartellone per l’81° Maggio Musicale, da martedì 19 giugno al Teatro del Maggio va in scena «Il Prigioniero» di Luigi Dallapiccola (Pisino, Croazia, 3 febbraio 1904 – Firenze, 19 febbraio 1975), cui si associano i «Quattro pezzi sacri» di Giuseppe Verdi in un nuovo allestimento firmato da Virgilio Sieni nelle vesti di regista e coreografo, mentre sul podio dell’Orchestra e del Coro del Maggio salirà il maestro Michael Boder.

È il pessimismo che sostanzia l’opera in un prologo e un atto di Dallapiccola (eseguita per la prima volta al XIII Festival del Maggio Musicale Fiorentino nel il 20 maggio 1950) l’ideale filo rosso che la collega ai «Quattro pezzi sacri» di Giuseppe Verdi (Ave Maria, Stabat Mater, Laudi alla Vergine Maria, Te Deum).

«Ero solo. Tutto era buio. Buio era in questa cella. Buio era il mio cuore. No, non sapevo ancora di poter soffrir tanto e non morire…». Così si presenta l’anonimo protagonista nella prima scena dell’opera più sofferta di Dallapiccola, che si confronta con gli orrori della Storia, spinto dall’urgenza di narrare il proprio tempo. Risultato del montaggio di più fonti letterarie letterarie («La torture par l’espérance» di Villiers de l’Isle-Adam, «La légende d’Ulenspiegel» di Charles de Coster e «La rose de l’infante» di Victor Hugo), il libretto dell’opera, realizzato dallo stesso autore, è strutturato come un atto unico, suddiviso in tre scene, anticipato da un Prologo.

È l’estate del 1939 quando Luigi Dallapiccola s’imbatte a Parigi nel racconto «La torture par l’espérance», uno dei «Contes cruels» di Auguste de Villiers de l’Isle Adam: ne resta impressionato e, nel viaggio di ritorno, comincia a riflettere sul suggerimento ricevuto dalla moglie Laura di ricavarne un lavoro teatrale. Lo scoppio della guerra, poco dopo, sembra rendere reale l’atmosfera oppressiva della storia, in cui la speranza di fuga di un prigioniero è un altro strumento di tortura nelle mani del suo carceriere. Il libretto è pronto alla fine del 1943, e Dallapiccola inizia a lavorare alla musica nel 1944, quando avviene la liberazione di Firenze, e la nascita di sua figlia Anna Libera. «Erano gli anni – scrive Dallapiccola – in cui l’Europa, da tempo circondata da filo spinato, con ritmo ognora crescente si riduceva a un ammasso di rovine». Fu terminata il 3 maggio 1948 e dopo la prima del 1950 il pubblico si divise in aspre polemiche sul significato del libretto trasposto alla situazione politica del tempo. Per descrivere l’abisso della sofferenza fisica e psichica del protagonista, un uomo senza nome condannato al rogo all’epoca di Filippo II di Spagna, Dallapiccola impiega la tecnica dodecafonica per realizzare alcune serie dai significati profondi – “della preghiera”, “della speranza”, “della libertà” – riferiti a momenti chiave della vicenda. Nel piano di persecuzione diabolica del prigioniero, l’ultima tortura è infatti rappresentata dalla speranza della fuga, che si conclude tragicamente tra le braccia del Grande Inquisitore. La libertà non esiste, è solo un’illusione che rimane sospesa nell’interrogativo finale intonato dal prigioniero condotto al rogo.

I «Quattro Pezzi sacri» per coro e orchestra furono composti da Verdi separatamente negli ultimi anni di carriera e per organici corali differenti. Sono quattro preghiere, quattro meditazioni sul senso della morte da parte del compositore che, alla fine dei suoi anni, si sente chiamato a fare i conti con il proprio sentimento religioso. Tre preghiere su quattro sono dedicate alla Madonna – Ave Maria, Stabat Mater, Laudi alla Vergine Maria – una è rivolta a Dio, Te Deum. Nella composizione emerge un’umanità ritratta nel suo terrore per l’ignoto che sta al di là della morte; la stessa immagine della gloria in cielo è accompagnata sì da un’apoteosi sonora, come tradizione comanda, ma con una riserva finale, un’ultima dissonanza che pare disperdersi nel vuoto. Per la religiosità laica di Verdi sembra non esserci spazio per la speranza. Anche nell’ultimo dei brani, il «Te Deum», domina lo stesso clima pessimistico: alla domanda del credente che affida la sua anima a Dio sembra non giungere risposta affermativa. Per Verdi l’uomo si riconferma solo davanti all’eternità e al silenzio del cosmo.

Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (Piazzale Vittorio Gui, 1)

19 giugno 2018 ore 20 – prima rappresentazione
21 giugno 2018 ore 20
23 giugno 2018 0re 15:30

Luigi Dallapiccola, Il Prigioniero / Giuseppe Verdi, Quattro pezzi sacri

Orchestra e Coro del Maggio. Maestro concertatore e direttore Michael Boder. Maestro del Coro Lorenzo Fratini. Regia e coreografia Virgilio Sieni. Assistente regia João Carvalho Aboim, assistente alla coreografia Giulia Mureddu. Scenografo e costumista Giulia Bonaldi. Luci Mattia Bagnoli. Corpo di ballo Compagnia Virgilio Sieni. Nuovo allestimento del Maggio Fiorentino.

Il Prigioniero Levent Bakirci – La madre Anna Maria Chiuri – Il Carceriere/Il Grande Inquisitore John Daszak – Primo sacerdote Antonio Garés – Secondo sacerdote Adriano Gramigni

Danzatori della Compagnia Virgilio Sieni: Jari Boldrini, Ramona Caia, Gaia Centamore, Nicola Simone Cisternino, Irene De Santis, Lorenzo De Simone, Alessandra Fortuna, Maurizio Giunti, Lucia Guarino, Giulia Mureddu, Maya Oliva, Tamara Orto, Andrea Palumbo, Asia Pucci, Sara Sguotti.

Soprano solista nel Te Deum: Thalida Marina Fogarasi

Durata totale 2 ore e 10 minuti circa

Biglietti da 10 a 100 euro in vendita anche online sul sito del Teatro del Maggio

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