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Pensioni d’oro: il taglio di Di Maio a forte rischio incostituzionalità. I commenti degli esperti

Fioccano i commenti sull’anticipazione di Luigi Di Maio, che ne ha fatto ormai un pallino: tagliare le pensioni d’ oro per finanziare gli assegni più bassi. «Vogliamo finalmente abolire le pensioni d’ oro, che per legge avranno un tetto di 4.000/5.000 euro per tutti quelli che non hanno versato una quota di contributi che dia diritto a un importo così alto. E grazie al miliardo che risparmieremo potremo aumentare le pensioni minime». Ma la maggior parte dei commentatori vede in quest’iniziativa, così come prospettata, forti rischi d’incostituzionalità, e lo spiega bene il Fatto Quotidiano, considerato vicino ai cinque stelle:

Spiega Marco Maroni sul quotidiano di Marco Travaglio: «Quello di una maggiore equità sulle pensioni è un vecchio cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, ma la strada per passare all’ azione legislativa appare stretta. L’ Inps eroga 21 milioni di pensioni, per una spesa che nel 2017 è stata di 200 miliardi di cui 179 per gli assegni previdenziali: per tirare fuori un miliardo tondo da quelle cosiddette d’ oro senza incorrere in problemi di costituzionalità è impresa complicata.

Secondo quanto risulta al Fatto, i tecnici del ministero sono al lavoro su due ipotesi. La prima è quella più coerente con le parole di Di Maio: un prelievo che gravi solo sulle pensioni accumulate in gran parte col vecchio sistema retributivo, che calcolava l’ assegno utilizzando come parametri lo stipendio percepito e gli anni di versamenti, non i contributi effettivamente versati. Era il sistema in vigore fino al 1996, successivamente riformato dal governo Amato e abolito definitivamente con la legge Fornero nel 2012, che ha esteso il contributivo anche agli esclusi dalla precedente riforma ma solo pro-rata. Le simulazioni in mano a chi segue il dossier al ministero parlano di un incasso di 480 milioni lordi, circa 300 al netto delle imposte versate, e il ricavato sarebbe destinato alle pensioni sociali con un provvedimento da varare prima dell’ autunno.

Nei giorni scorsi il presidente di Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla, peraltro vicino alla Lega ha detto che se tutto va bene si recupereranno 160 milioni perché su 16 milioni di pensionati la misura riguarda meno di 27 mila pensionati. La cifra però può salire con soluzioni più drastiche (e a rischio di costituzionalità). Su lavoce.info lo statistico Franco Mostacci ha provato a fare una simulazione fissando un tetto massimo mensile di 5 mila euro lordi per l’ assegno pensionistico e tagliando l’ eccedenza solo ai pensionati con un reddito complessivo superiore ai 100 mila euro. Ne risulta che si risparmierebbero 490 milioni di euro. Considerando però il minor gettito Irpef per le casse dello stato, il risparmio netto si riduce a circa 280 milioni (la cifra che circola al ministero).

Sufficiente ad aggiungere qualcosa per gli 854 mila pensionati sociali Inps (oggi tagliati fuori dagli 80 euro del governo Renzi) che attualmente percepiscono un assegno medio mensile di 424 euro: avrebbero circa 30 euro mensili in più, che arriveranno a 60 in caso si potesse incassare un miliardo.
Va detto che un prelievo di solidarietà sulle pensioni d’ oro l’ aveva già tentato il governo Monti nel 2011. Colpiva in modo progressivo le prestazioni superiori ai 90 mila euro lordi l’ anno. Fu però bocciato dalla Corte costituzionale, che lo considerò un prelievo tributario «irragionevole e discriminatorio».

L’ altra ipotesi alla quale lavorano i tecnici è invece simile al contributo di solidarietà triennale anti-crisi inserito nella Finanziaria approvata dal governo Letta nel 2014, sul quale la Consulta non ha avuto da eccepire. Fissava un prelievo del 6% su tutte le pensioni da 91 mila a 130 mila euro, del 12% per quelle superiori a 130 mila e fino a 195 mila euro e del 18% oltre. Le stime che circolano al ministero arrivano a circa 1,2 miliardi. Il problema è che quella misura fu accettata dalla Consulta soprattutto «in quanto eccezionale e temporanea». Difficilmente potrebbe passare al vaglio dei giudici costituzionali una misura che invece dovrebbe essere strutturale. Oggi 11,1 milioni di pensioni Inps hanno un importo inferiore a 750 euro. Nel 26 percento dei casi l’ assegno è inferiore ai 500 euro mensili. Si tratta di 2,8 milioni di persone con un assegno ben al di sotto la soglia di povertà Istat (780 euro). Per far avere a tutti questi un reddito vicino a quella soglia, la stessa del reddito di cittadinanza, servirebbero dai 3 ai 5 miliardi l’anno».

A tal proposito facciamo nostro il commento di Franco Abruzzo, portavoce del Mil, uno che della battaglia a difesa delle pensioni, di tutte le pensioni, ne ha fatto una questione di principio e di civiltà: «Di Maio ha dimenticato la guerra agli evasori fiscali e si accanisce contro chi ha lavorato una vita e ha fatto carriera per merito. Chi oggi ha pensioni basse vuol dire che non ha lavorato negli anni del boom economico o che ha lavorato in nero, non versando contributi all’Inps. Anche questi sono evasori che Di Maio vuole premiare ai danni di chi ha sempre fatto il proprio dovere fiscale. L’aiuto a chi vive con l’assegno sociale deve gravare solo sulla fiscalità generale».


Ezzelino da Montepulico


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