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Toscana: il Pd ha perso la strada. Ora vince chi sa ascoltare la gente

Che cosa c’è nel futuro della Toscana? Il voto-ribaltone del 24 giugno ha cambiato fisionomia a una regione già politicamente in trasformazione. Livorno era già stata conquistata dai grillini, Arezzo, Pistoia e Grosseto dal centrodestra. Che è sulla strada di diventare egemone con la conquista storica di Siena, Pisa e Massa. Al Pd resta Lucca, vinta per un pugno di voti appena un anno fa. E restano, per ora, Firenze, Prato e la stessa Regione. Ma per quanto ancora? Non basterà un congresso per rimettere in marcia il Pd. E non basterà nemmeno ritrovare un minimo di compattezza in un partito ormai piccolo, diviso e litigioso. Per ripartire davvero da sinistra ci vorrebbe un bagno di umiltà oggi impensabile nell’attuale classe dirigente Dem. Occorrerebbe ripartire dal basso, ascoltare la gente: una volta succedeva, anche nelle case del popolo.

DIRIGISMO– Che fare? Proporre, anche dai banchi dell’opposizione, la modifica di quei provvedimenti che proprio il Pd ha voluto e che si sono rivelati la sia rovina. Che cosa sto dicendo? Sarò più esplicito: nell’immaginario collettivo, il Pd significa più tasse, immigrati, regole asfissianti. Renzi ci ha messo del suo, ma tutto il partito si è, da troppo tempo, adagiato su posizioni di potere distanti da quel popolo che, piano piano ma inesorabilmente, non si è più riconosciuto in un dirigismo che pareva dettato dal paraocchi. Governare e amministrare significa cogliere i bisogni dei cittadini. Che non vanno mai considerati sudditi. Il primo a sbagliare, ormai trent’anni fa, agli occhi dei fiorentini e dei toscani fu Achille Occhetto, che volle bloccare il piano Fiat-Fondiaria che stava per essere varato dalla giunta socialcomunista di Palazzo Vecchio. Quel no miope, pronunciato da Roma, ebbe effetti devastanti: bloccò il naturale sviluppo di Firenze e provocò il primo choc in un partito che iniziò a perdere quell’unità fino a quel momento praticamente granitica.

IMMOBILISMO – Poi lo scollamento, lento ma inesorabile con la gente, accompagnato dall’occupazione totale del potere. Occupare posti e blindare ogni cosa sembrava il primo comandamento. Fino a rendere la Toscana una regione difficile da vivere, per via di veti e complicazioni burocratiche. Infrastrutture impossibili da costruire: ci sono voluti 25 anni per avere la Variante di valico, mentre l’alta velocità e l’allungamento della pista dell’aeroporto di Peretola sono tutt’ora al palo. Vogliamo poi parlare dell’Arno, oggi addirittura più pericoloso del ’66? Ma scendiamo nella vita di tutti i giorni: costruire è praticamente impossibile e aprire un’attività rappresenta un percorso da gioco del Monopoli. Dieci anni il minimo d’attesa. E a proposito, mi ricordo, nel 2004, lo stupore di Claudio Martini, allora presidente della Regione, durante una visita alla Silicon Valley, in California. Chiese quanto ci voleva per avviare un’azienda. «Meno di venti giorni, eppoi è semplice: ci pensa l’avvocato», fu la risposta. Martini promise che, tornato a Firenze, avrebbe cambiato le cose. Devo testimoniare che ci provò. Ma evidentemente l’impresa era impossibile. Troppi lacci ormai impossibili da sciogliere.

INCIUCIO – Potrei continuare con altri mille esempi di che cosa non si doveva fare. Come la scelta di aumentare a dismisura i seggi in Consiglio regionale, abolendo le preferenze. Accadde nel 2005. Dalle colonne de La Nazione bollai quella decisione come l’inciucione. Perchè anche il centrodestra ci mise del suo. Dominava la voglia sfrenata di poltrone, senza tener conto di quello che pensava la gente. Facile dedurre quanto tutto questo abbia incrinato il rapporto degli amministrati con il Palazzo. E dopo, voglio dire negli anni più recenti, è stato addirittura peggio. Renzi, che sembrava capace di riaccendere speranze, ha invece finito per bruciare tutto. E ora? C’è chi s’illude che sia sufficiente un congresso per ritrovare la strada. Balle. Non si vede uno straccio di proposta a sinistra. Eppure non ci vuole una scienza infusa: basterebbe avere l’umiltà di ascoltare la gente per ripartire. Il centrodestra, soprattutto la Lega di Salvini, ha raccolto voti perchè ha avuto l’orecchio giusto. Far finta di non vedere e risolvere tutto parlando di populismo è solo schermarsi dietro un’impotenza. La Toscana ha bisogno di ripartire, ma lo farà con chi sarà più bravo a darle fiducia.


Bennucci

Sandro Bennucci

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