Riforme da deficit, l’Italia chiede più margine alla Commissione Ue
Tutto quello che può generare crescita è un investimento. E come tale, non andrebbe considerato nel rapporto deficit/Pil che imbriglia i margini di manovra di Paesi, come l’Italia, che vogliono mettere in campo riforme
ambiziose come quella fiscale e del reddito di cittadinanza proprio per imprimere una accelerazione all’economia. E’ questa, come emerge dopo la prima riunione del comitato per gli Affari europei, la nuova linea che il governo punterà a tenere con Bruxelles in vista della trattativa da aprire da qui all’autunno sulla prossima legge di Bilancio con l’obiettivo di ottenere quanto più possibile in termini di nuova flessibilità.
Riforme come quella fiscale e quella per il sostegno al reddito, è il ragionamento, sono quelle che servono per
rilanciare il Paese e raggiungere i ritmi dei partner europei, ma hanno alti costi, almeno nella fase iniziale, e quindi
bisogno di risorse ingenti per essere attuate. Il punto di partenza, come ha detto in una intervista a Bloomberg il ministro dell’Economia Giovanni Tria, è la volontà di cambiare il sistema e supportare la crescita economica. E
per farlo già in autunno andranno poste le basi per reddito di cittadinanza e flat tax, che dovranno andare di pari passo, ferma restando l’applicazione per gradi del contratto di governo.
Il mix di politiche sarà quello che traccerà la discontinuità con i passati governi, ha ripetuto Tria, confermando l’intenzione di tenere a bada i conti senza peggiorare il deficit strutturale ma fissando il rapporto tra Pil e deficit un po’ più in alto rispetto allo 0,9% indicato dal Def di Gentiloni e Padoan per il 2019. Il ministro insomma si mantiene sulla linea della prudenza già enunciata nei giorni scorsi in Parlamento, quando aveva chiarito che nessuno nel
governo vuole far saltare i conti.
Ma all’interno dell’esecutivo le spinte a fare di più non mancano e dalla prima riunione interministeriale – presieduta da Paolo Savona, titolare degli Affari europei, cui era presenta una nutrita pattuglia di governo oltre ai due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio – è emersa la volontà di premere per realizzare investimenti pubblici per salvare euro e mercato comune sul piano del consenso politico grazie all’aumento del benessere economico e sociale dei Paesi membri. Ed è filtrata l’intenzione, sostenuta dal leader M5S al tavolo, di cambiare paradigma nelle regole di bilancio europee perché, sarebbe stato il ragionamento, le riforme fiscali e quelle del sostegno al reddito devono diventare riforme che l’Europa non può legare al rapporto deficit/Pil.
Intanto Di Maio ha già avviato il lavoro per rafforzare i centri per l’impiego e al primo incontro con gli assessori
regionali ha annunciato lo sblocco dei primi fondi, in tutto 280 milioni (45 milioni sono residuo dello scorso anno) per dare un chiaro segnale. La riforma dei centri per l’impiego è propedeutica all’introduzione vera e propria del reddito di cittadinanza e avrebbe bisogno, nei calcoli contenuti anche nel contratto di governo, di 2 miliardi per partire. Risorse che il governo punterebbe a recuperare sfruttando i fondi europei.
Anche la tassa piatta, come già ha spiegato Tria, dovrebbe essere introdotta a tappe ed entro quest’anno sicuramente ci sarà l’inizio ha assicurato uno dei consiglieri economici della Lega, Claudio Borghi. La partenza potrebbe essere l’ampliamento della flat tax che già esiste per le piccole partite Iva (al 15% per chi sceglie il regime forfettario).
Un quadro complesso, con spese molto elevate, e sarà difficile far digerire tutto quanto alla Commissione Ue, a mano che nel frattempo non vengano mutati i parametri di riferimento, ma sembra un’utopia.