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Cassazione: lavoratore autonomo ha diritto alla pensione più favorevole anche se continua a lavorare

Cassazione
La Corte di Cassazione

ROMA – Se si continua a lavorare dopo il raggiungimento dell’età pensionabile, il diritto alla sterilizzazione dei contributi meno favorevoli per il calcolo della pensione si applica anche agli autonomi: lo ha stabilito una recente sentenza della Cassazione.

Se l’autonomo continua a lavorare anche dopo aver maturato il diritto a pensione, e gli anni in più comportano per qualche motivo una riduzione dell’assegno previdenziale, avrà comunque diritto alla pensione a lui più favorevole, applicando il principio della sterilizzazione degli anni meno favorevoli (c.d. contributi dannosi).

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con sentenza 173/2018, relativa al caso di un pensionato prima dipendente e poi autonomo. La Corte ha stabilito che anche i lavoratori autonomi, così come i dipendenti, possono applicare tale principio, ritenendo incostituzionale la disparità di trattamento fra le due categorie. L’istituto previdenziale, calcolando la pensione in base agli ultimi dieci anni di contributi versati, aveva versato un assegno più basso di quello che sarebbe spettato allo stesso pensionato se fosse andato in pensione prima, al raggiungimento del requisito di età pensionabile.

Tecnicamente, la sentenza ha esteso anche ai lavoratori autonomi l’ambito di applicazione di una precedente sentenza, 82/2017, che aveva ritenuto incostituzionale la parte della legge 297/1982, nella parte dell’articolo 3 in cui non prevede che, nell’ipotesi di lavoratore che abbia già maturato i requisiti assicurativi e contributivi per conseguire la pensione e percepisca contributi per disoccupazione nelle ultime 260 settimane antecedenti la decorrenza della pensione, la pensione liquidata non possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al raggiungimento dell’età pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto, i periodi di contribuzione per disoccupazione relativi alle ultime duecentosessanta settimane, in quanto non necessari ai fini del requisito dell’anzianità contributiva minima.

Lo stesso principio, in base alla sentenza, si applica anche al caso in cui il lavoratore abbia continuato a lavorare.

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