Pensioni d’oro: interessati preoccupati dai tagli. Qualcuno tranquillizza ma per ora è meglio non fidarsi
FIRENZE – Si stanno rincorrendo da giorni e giorni i continui annunci bellicosi del governo giallo-verde, in particolare del vicepremier Luigi Di Maio, contro i pensionati d’oro. Notizie che non fanno stare tranquilla questa categoria, costituita in buona parte da alti funzionari dello Stato e da Dirigenti delle Forze dell’ordine che, dopo una vita spesa al servizio della collettività, ritengo abbiano il pieno diritto di godersi in pace la vecchiaia. Invece, a ogni piè sospinto, Boeri, Di Maio e ora anche i leghisti di Salvini lanciano segnali bellicosi che promettono di decimare gli assegni per i quali sono stati versati contributi (e tasse) assai alte per più di 40 anni.
Non nego che tra di noi serpeggi inquietudine e amarezza perché vediamo mal ripagati tanti sacrifici e soprattutto rileviamo con sconforto che lo Stato rinnega un patto sottoscritto con chi ha iniziato la carriera fidando in prospettive certe, anche a livello pensionistico, che adesso sembrerebbero messe in discussione. Grandi confronti e scambi di idee, dunque, fra noi colleghi dei vari corsi d’Accademia; c’è stato però nel gruppo qualcuno, più esperto di conteggi previdenziali, che ha tenuto a rassicurarci.
Sembra infatti che per le pensioni d’oro, stando a un’interpretazione corretta del testo presentato dai capigruppo di Lega e M5S, si prefiguri un meccanismo di calcolo costituito da un prodotto tra il maturato col metodo retributivo (praticamente la nostra pensione annua lorda) per un rapporto dato tra il coefficiente dell’età del ritiro in pensione e quello previsto dal pensionamento di vecchiaia.
Passando ai numeri. Per chi ha un’anzianità rilevante e un grado elevato questo rapporto fa 1 perchè è andato in pensione a 60 anni (coeff.4,798) oppure a 63 anni (coeff.5,257) con la qualifica di dirigente superiore ovvero a 65 anni (coeff. 5,620) se dirigente generale. Quindi nel rapporto si ha, sia come dividendo che divisore, lo stesso coefficiente. Pertanto la pensione moltiplicata x 1 non cambia. Ma anche per tutti quelli andati in pensione in parte (dal 2012) col sistema contributivo per i quali l’art.27 c.4 del d.lgs. 334/2000 stabilisce che venga considerato il coefficiente di trasformazione del 65 °anno, la differenza sarebbe minima. Infatti avrebbero come dividendo il coeff. di 5,257 previsto ad esempio per il dirigente superiore di 63 anni e come divisore 5,620 del 65esimo anno di età. Questo rapporto comporta uno 0,93 che moltiplicato per la pensione annua lorda ridurrebbe di poco l’importo, lasciando l’ammontare quasi invariato. In pratica, siccome i coefficienti aumentano con l’età, questo sistema andrebbe a colpire chi è andato via prima dell’età prevista dal pensionamento di vecchiaia (salvo delle eccezioni).
Le argomentazioni di questi colleghi ci confortano e saranno sicuramente corrette ma, da seguaci di San Tommaso, finché non vedremo azioni concrete da parte del governo al timone del Paese dormiremo sonni agitati.
vincenzo indolfi
caro Sergio ti seguo sempre con attenzione. Andiamo avanti con il consueto spirito di sacrificio verso uno Stato che probabilmente non ha meritato o non è in grado di valutare quello che è stato nostro impegno totale verso di Esso in tempi nei quali fra l’altro non si pensava alla rimessa mensile o al lavoro straordinario ma alla tutela dei diritti democratici. Pertanto, ben valutando il discorso dei coefficienti sui quali sono poco preparato, a mio giudizio non sarebbe fuor di luogo far capire ai nostri governanti, la strada legaleè da individuare, che almeno ci sentiamo traditi e che probabilmente la crisi economica attuale non è attrbuibile in modo così vendicativo al retributivo o contributivo……….vincenzo