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Pensioni d’oro: prevale età, fissata in modo arbitrario, con effetto retroattivo. Progetto incostituzionale

Continuano le indiscrezioni e le interpretazioni giornalistiche e di esperti in merito al disegno di legge prresentato dal governo gisllo-verde in merito ai tagli delle pensioni d’oro. L’incertezza regna sovrana, i pensionati sono giustamente incavolati contro questi giovinotti che tutto d’un colpo vorrebbero stravolgere regole stabilite non dagli interessati, ma dallo Stato, e che gli interessati hanno accolto nella fiducia e nela consapevolezza che lo Stato avrebbe mantenuto i patti e non stravolto le regole in modo truffaldino come cercano id fare i due partiti per mano dei due onorevoli proponenti. Riproponiamo i loro nomi all’attenzione dei pensionati interessati: Francesco D’Uva (M5S) e Riccardo Molinari (Lega).

Negli ultimi due giorni se ne parla sul Messaggero, sulla Stampa, e su Repubblica con interpretazioni in parte discordi, ma unite nel giudizio che si tratta di un progetto estremamente confuso.

Si dice dunque che il progetto di legge annunciato alla Camera da M5S e Lega metta nel mirino gli assegni previdenziali al di sopra degli 80 mila euro lordi l’anno, ricalcolandoli non in base ai contributi effettivamente versati – come pure era stato detto – ma all’età in cui si è iniziato a percepirli. Segno di come il giovin signore di Pomigliano d’Arco, che ogni giorno straparla di pensioni d’oro, non abbia proprio le idee chiare. Su questo, come su altri temi.

Il provvedimento a firma dei due capigruppo della maggioranza alla Camera, D’Uva e Molinari, è intitolato «Disposizioni per favorire l’equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.000 euro mensili». In base alle stime interesserà 158 mila pensionati, con un effetto positivo per il bilancio dello Stato di circa 500 milioni l’anno, quindi 5 miliardi nei 10 anni dello scenario ipotizzato.

TRATTAMENTI – I trattamenti interessati sono quelli dei lavoratori dipendenti pubblici e privati, degli autonomi e dei vari fondi confluiti all’interno dell’Inps compresi i dipendenti pubblici. Il ricalcolo verrà applicato anche ai vitalizi dei parlamentari e delle altre cariche elettive.

IMPORTO – Il primo parametro di cui tenere conto è l’importo lordo della pensione: 80 mila euro l’anno, che corrispondono a circa 4 mila euro netti (in realtà 100-200 in meno a seconda delle addizionali locali applicate).

ETA’ – L’altro riferimento è appunto l’età della pensione di vecchiaia: 67 anni da 2019 in poi, in linea con quanto previsto dalla legge Fornero, e soglie via via più basse, ricalcolate all’indietro in base agli andamenti demografici, fino ai 63 anni e 7 mesi per chi ha lasciato il lavoro nell’ormai lontano periodo che va dal gennaio 1974 al dicembre 1976. A questo punto entrano in gioco i coefficienti di trasformazione introdotti dalla legge Dini, utilizzati per trasformare in rendita il capitale contributivo della pensione e graduati in base all’età del ritiro. Va ricordato che le pensioni liquidate fino al 2011 sono quasi tutte retributive pure, mentre dal 2012 è stata introdotta una quota contributiva crescente ma tuttora limitata. Questa parte della disposizione, a detta di tutti gli esperti, sembra palesemente incostituzionale.

Il sottoscritto, ad esempio, aveva fatto domanda di proroga al 67° anno di età (quindi fino al 2014), ma nel 2012 è stato costretto in 24 ore, con decreto firmato dall’allora ministro Anna Maria Cancellieri, sulla base di disposizioni dichiarate poi illegittime dal Tar di Roma, a fare le valigie al compimento del 65° anno d’età. La tabella (Vedi sopra) creata dagli immaginifici proponenti la legge giallo – verde, prevede che nel 2012 sarei dovuto andare in pensione a 66 anni e che quindi dovrei subire una penalizzazione per l’anno di anticipo. Avrei certamente voluto allungare fino a 66 anni, ma mi è stato imposto il contrario, e per questo dovrei essere penalizzato. Roba da analfabeti del diritto. Oltre al danno, adesso si aggiungerebbe la beffa.

RIDUZIONE – Il meccanismo della legge M5S-Lega prevede di ridurre proprio la quota retributiva, quindi la totalità o la gran parte della pensione. L’entità del taglio viene calcolata rapportando il coefficiente relativo all’età in cui si andati in pensione a quello dell’età di riferimento. Ad esempio l’uscita per il 2000 la soglia è fissata a 65 anni e un mese: chi ha lasciato il lavoro a 60 sconta 5 anni di anticipo. Il confronto tra coefficienti avviene su tabelle differenziate a seconda dell’anno di effettivo ritiro ma si può dire approssimativamente che la penalizzazione valga il 2-3 per cento l’anno.

TUTELE – Sono previste alcune clausole di salvaguardia. Innanzitutto la pensione non potrà in ogni caso essere ridotta sotto gli 80 mila euro lordi. Sono esclusi dalla decurtazione i trattamenti di invalidità, di reversibilità e quelli riconosciuti alle vittime del terrorismo o del dovere. Inoltre chi ha lasciato il lavoro prima dei 57 anni si vedrà comunque fare il calcolo sul coefficiente dei 57 e in caso di più pensioni il taglio sarà applicato al massimo su due.

SINDACATI – Confermano la loro contrarietà, oltre ovviamente ai diretti interessati che minacciano ricorsi a valanga, anche i sindacati. Domenico Proietti, della Uil, afferma che trattasi di «intervento pericoloso perché è depressivo dell’economia e mette in discussione i principi alla base della previdenza. Inoltre per il ricalcolo non ci sono gli archivi del settore pubblico». Contrario, per le stesse ragioni, anche Ignazio Ganga della Cisl, che chiede un confronto a settembre.

Tutto avvolto nella massima confusione, come tipico degli ultimi governi, a partire da Renzi in poi, ma adesso siamo ormai al culmine. Proprio a partire dal rottamatore il rispetto della legalità è diventato un optional, ora palesemente messo addirittura da parte. Prevale la convenienza politica e l’interesse particolare delle categorie che hanno votato una certa parte. Siamo diventati, ma non da ora, la repubblica delle banane. Per parte nostra continueremo a combattere contro questi imbrogli e questi soprusi, ma chi può si rifugi all’estero, in paesi più accoglienti, dove vige il rispetto delle leggi e non si è alla mercé di dilettanti allo sbaraglio. Tanto chi parte sarà sostituito dalle magnifiche risorse garantite dai migranti che continuano comunque ad arrivare, sia pure in modo molto ridotto.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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