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Toscana: molti ponti a rischio, occorrono nuovi monitoraggi e controlli

FIRENZE – In ogni regione d’Italia sindaci, presidenti di province (ancora esistono!) e di città metropolitane, Governatori di regioni cercano di verificare la situazione della stabilità dei ponti, e alcuni, come Clemente Mastella, sindaco di Benevento, in attesa di puntuali verifiche, hanno chiuso alla circolazione un ponte Morandi della sua città. La prudenza non è mai troppa. Da Firenze Nardella ha lanciato un messaggio positivo, e il Presidente Rossi mette opportunamente a disposizione degli enti della Regione un sistema fantascientifico di controllo della infrastrutture, che dovrebbe contribuire a evitare disastri. Ma non esiste una mappa completa e aggiornata dei ponti e dei rischi; il ministro Salvini si è impegnato a farla compilare per tutt’Italia.

Ma intanto in Toscana esiste un’analisi scientifica fatta dagli esperti dell’Università di Pisa, pubblicata dal Tirreno, dalla quale risulterebbe che c’è un tarlo che sta erodendo i ponti toscani. Un bug di progettazione con cui è stato costruito oltre il 95% «dei piccoli e medi cavalcavia e sovrappassi» in tutta la regione fra gli anni ‘60 e ’70 e che da tempo costringe comuni, prefetture, province a chiuderli o a interdirli ai mezzi pesanti proprio per il rischio di crolli. Hanno campate da 35 metri e un segno di riconoscimento, che si chiama «Sella Gerber».

«La Sella-Gerber – dice Pietro Croce, docente tecnica delle costruzioni e uno dei maggiori esperti italiani di ponti – è una sorta di gradino, una trave sotto la soletta su cui poggia la struttura». Fu utilizzata anni fa perché aveva uno schema costruttivo semplice, facile da calcolare, e garantiva una buona capacità di assorbimento delle deformazioni causate dai cedimenti alle fondazioni. Solo che se le lesioni alla fine sono troppo profonde, la capacità di assorbimento va a farsi benedire. E incuria e manutenzione degli enti controllori li hanno resi i ponti più a rischio. «In Toscana ce ne sono centinaia», dicono gli ingegneri pisani. Perché la sella-Gerber è «congestionata di armatura in metallo», confermano molti esperti, e col tempo «si ossida, gonfia e espelle la calce rendendosi ancora più fragile perché espone il ponte ad usura e agenti atmosferici».

Così, in base a tali considerazioni, sono stati chiusi finora i ponti a Pontasserchio e Ripafratta a Pisa, uno a Collesalvetti, quello sul Rio Piantegola fra Ponsacco e Casciana Terme, interdetti ai camion decine di cavalcavia e piccoli viadotti, come il viadotto che collega il centro con la strada della Foce a Carrara, il ponte di via Trieste a Massa. A Firenze sotto controllo i ponti di San Niccolò e Vespucci.

Ecco la situazione dei grandi viadotti, come quello del Ponte all’Indiano di Firenze

I tiranti dell’Indiano

Più sicuro del Morandi, dicono gli studiosi pisani di ingegneria. «A Genova non c’erano stralli di riserva, ognuno dei grandi tiranti era fondamentale alla tenuta statica». Mentre il viadotto dell’Indiano a Firenze, da poco sottoposto a sostituzione dei giunti, è dotato di tiranti di «riserva».

Petriolo, il gigante nuovo

Le prove di carico, prima dell’inaugurazione un anno fa, furono cinematografiche: 18 tir carichi di migliaia di tonnellate di sabbia fecero avanti e indietro per ore. Con i suoi 770 metri, piloni a 100 metri di altezza, il Farma corre sulla Siena-Grosseto la struttura più avanzata in Toscana.

Gulfa e Cisa

Sulla A15, a Pontremoli, il viadotto più alto della Toscana: 145 metri. Il gestore svolge manutenzione costante sulla Cisa. Salt assicura che la Gulfa, sulla Bretella a Massarosa è ok, fra poco sarà oggetto di un intervento da 4 milioni per lavori antisismici.

L’antico Vergai

L’antico Vergai (è del 1932), tra Villa Collemandina e Corfino in Garfagnana, negli ultimi 10 anni ha avuto più volte bisogno di interventi di consolidamento. Anni fa furono rinforzati e sostituiti i ferri dell’armatura. Per i prossimi 3 anni la Provincia prevede interventi da 150mila euro, fondi permettendo.

Sicuramente non sono soltanto questi gli esempi in Toscana, e sarebbe opportuno che tutte le amministrazioni si attivassero, utilizzando gli strumenti moderni messi a disposizione della regione, per creare una mappa aggiornata regionale. In attesa di quella nazionale, promessa da Salvini.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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